Polvere

Nonostante non sia giovanissimo, faccio già parte di una generazione di nuotatori per i quali i Caduti di Brema erano poco più che una targa su qualcuna delle numerose coppe che adornavano la sala trofei del Nuoto 2000 di Padova.

Dico “poco più” perché rispetto ai miei coetanei avevo buoni motivi per interessarmi a quell’evento: mio padre a quella tragedia era scampato, qualcuno direbbe per miracolo. Miracolo che aveva i lineamenti squadrati del maggiore Giovanni Maria Lòriga detto Vanniil quale aveva negato l’autorizzazione alla trasferta dell’allora ventiquattrenne Giovanni Corrado Gross, impegnato nel Campo d’arme della Prima Compagnia Speciale Atleti. Lòriga sarebbe poi divenuto un autorevole giornalista e scrittore.

Gianni raccontava spesso questa storia, e conservò a lungo il ritaglio di giornale che inizialmente lo contava fra le vittime essendo effettivamente stato convocato per il meeting.  Non sembrava darci però particolare peso, tanto che con il passare degli anni era diventata poco più che un aneddoto familiare.

Negli ultimi anni di vita, mio padre andò incontro a un rapido e brutale deterioramento cognitivo, perdendo progressivamente coscienza e ogni memoria di sé. Un solo ricordo rimaneva vivido doloroso e persistente: Brema. Negli ultimi mesi parlava sempre, solo di Brema. Del senso di colpa che da cinquant’anni lo affliggeva per essere sopravvissuto ai suoi amici più cari. Non avevo mai visto, in una vita, Gianni piangere: così a distanza di quarant’anni ho capito finalmente senso e peso di quella targa, e queste poche righe sono il mio tentativo di non lasciarla troppo impolverare.

 

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