Chi sono i lavoratori dello sport
Da 12 mesi mesi il nostro paese ha sentito parlare per la prima volta di una specie di lavoratore poco studiata fino ad oggi dall’antropologia: il “lavoratore sportivo” che nella maggior parte dei casi si identifica in un tecnico. Ma da cosa e composta questa famiglia di bipedi? Soprattutto qual è il suo scopo nella società moderna?
Prevalentemente si tratta di individui che da giovani hanno amato lo sport o una disciplina in particolare e non hanno avuto la forza di staccarsene o semplicemente sono adulti - per lo più studenti - che si sono scontrati con un mondo di cui sapevano anche poco, ma che sono stati fagocitati e oggi non posso più farne a meno.
Ad oggi si sta cercando di inserirli nella categoria dei lavoratori, in modi più o meno discutibili, ma questi soggetti sono e resteranno sempre degli appassionati.
Negli ultimi decenni hanno svolto il loro ruolo nella penombra di grandi atleti o squadre meno blasonate, in condizioni contrattuali pressoché inesistenti, ma se pensate ad una qualunque medaglia olimpica, dietro di essa c’è un elenco rilevante di volti che hanno contribuito poco o tanto a quel traguardo.
Quali sono le competenze di queste persone e cosa possono dare alla società?
Un tecnico sportivo innanzitutto deve conoscere la disciplina o le discipline del suo ambito, ma non come un atleta: deve padroneggiarne i dettagli, i meccanismi, gli aspetti importanti per un principiante e quelli fondamentali per un professionista.
Quindi basta studiare tanto? No, siamo ancora lontani.
Riempito il suo serbatoio di conoscenze, che non sarà mai colmo, deve affrontare il problema più grande: trasmetterlo. Non basta saper comunicare con i termini giusti (sebbene sia necessario), ma bisogna saper ascoltare e capire le esigenze, le competenze, le abilità di chi si ha di fronte. Una seduta di allenamento, un gesto tecnico, una performance motoria non possono essere valutati nè tanto meno corretti “da remoto”: il tecnico deve “vivere” l’attività di persona perché i suoi occhi sono allenati ad osservare e valutare. Essere stati ottimi atleti non significa essere dei tecnici.
“Ormai online si trova tutto il materiale per conoscere tutti i segreti di qualunque sport: posso imparare da solo”. Decisamente, no: l’auto-valutazione di un gesto tecnico è verosimile solo per atleti molto evoluti, l’auto-correzione neanche per questi ultimi. Se invece parliamo di allenamento nei termini di “fatica”, per dare il 120%, per superare i fallimenti, per guardare lontano è necessaria una motivazione estrema e solo il tecnico che ci conosce bene saprà far emergere in noi.
Il lavoratore sportivo ha un ruolo che svolge quotidianamente applicando tutto questo e che si può sintetizzare in una singola competenza: trasmettere la sua passione.
PH: DeepBlueMedia
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