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Antidoping. I test genetici per Tokyo 2020

L'ipotesi del presidente CIO, Thomas Bach.

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Lo scorso 16 settembre, nella nostra rubrica "Spoiler",  avevamo scritto in merito alla possibilità d'utilizzo dei test genetici antidoping messi a punto dal Prof. Yannis Pitsiladis (segue l'articolo) già per i Giochi di Tokyo 2020, in forma sperimentale e/o come integrazione a supporto degli attuali protocolli di indagine, l'ipotesi è stata confermata ieri dal presidente CIO, Thomas Bach , nel corso della quinta conferenza mondiale della Wada in corso di svolgimento a Katowice  in Polonia.

"Con il progresso della ricerca sul sequenziamento genetico, questo nuovo approccio potrebbe essere un metodo innovativo per rilevare il doping nel sangue, settimane o addirittura mesi dopo che ha avuto luogo" ed aggiunge "Se approvato dalla World Anti-Doping Agency (Wada), questo nuovo test genetico potrebbe essere già utilizzato ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020"

Sono presenti alla conferenza di Katowice anche il nostro presidente Coni Giovanni Malagò e il presidente Nado Italia, Leonardo Gallitelli.

L’Agenzia Mondiale Antidoping (WADA) ha dichiarato a Telegraph Sport che la ricerca sul sequenziamento genico sembra essere vicina ad una svolta tale da migliorare in modo significativo la lotta al doping, tanto che la stessa agenzia ha contribuito a finanziare un pionieristico e costoso progetto di ricerca avviato nel 2006 dal team di ricercatori del Prof. Yannis Pitsiladis , professore di scienze dello sport, membro della commissione medica e scientifica del Comitato Olimpico Internazionale e genetista all’Università di Brighton.

I risultati di questi 13 anni di studio, test e ricerca stanno conducendo il team di Pitsiladis a llo sviluppo di un nuovo strumento utile all’indagine antidoping che, dalle prime sperimentazioni, risulterebbe più efficace ed attendibile rispetto a tutte le attuali metodologie adottate dalla WADA e dalle agenzie antidoping di tutto il mondo.

Per il momento lo studio è mirato al rilevamento di sostanze illecite nel sangue, in quanto risulta di gran lunga la forma più comune di doping, ma si spera nel prossimo futuro di poter utilizzare questo protocollo d’indagine anche per individuare l’assunzione di sostanze illegali come testosterone, cortisone e ormone della crescita (GH).

Utilizzando atleti dilettanti volontari, Pitsiladis e il suo team – nel corso di un decennio di test – hanno identificato quanti e quali geni si “attivano”  quando il sangue viene manipolato. Dai risultati ottenuti emerge che dei circa 20.000 geni del corpo umano, diverse centinaia si attivano quando un atleta assume l’EPO o quando subisce una trasfusione di sangue. Il team ha inoltre scoperto che il cambiamento nella firma genetica dell’atleta rimane rilevabile per settimane, forse anche mesi dopo l’assunzione, da qui la sua rintracciabilità nel tempo risulterebbe più facile.

Con questa modalità è possibile provare l’assunzione della sostanza proprio grazie alle modificazioni genetiche, senza che vi siano tracce del farmaco nel corpo. Questo metodo permetterebbe nel prossimo futuro di rilevare perfino quei microdosaggi tanto sfuggevoli agli attuali test e per lo stesso motivo così diffusi.

Dopo l’avvento del passaporto biologico, che permette di monitorare nel tempo i parametri ematici degli atleti, lo studio del Prof. Pitsiladis potrebbe portare un contributo senza precedenti alla lotta contro il doping e forse anche contro il futuribile doping genetico, vietato dalla WADA nel 2003. Ad oggi nessun atleta è mai stato messo sotto accusa per pratiche di questo tipo ma ciò non è garanzia che il fenomeno non esista.

Qualora il sistema Pitsiladis confermasse la sua efficacia sarebbe quasi impossibile aggirare l’ostacolo dell’indagine genetica.

I risultati sono stati migliori del previsto. Anche la più piccola quantità di EPO ha un effetto significativo sull’attività genetica.” Prof. Yannis Pitsiladis

L’idea di questo progetto di ricerca è venuta al Prof. Pitsiladis dopo aver dedicato un decennio di studio alla modificazione genetica legata alla prestazione sportiva. Al termine dell’articolo è disponibile un suo intervento svolto a Nicosia nel corso di un TED (Technology, Entertainment, Design), un format diffuso in tutto il mondo per la promozione di “ Idee che vale la pena diffondere ” come recita lo slogan del TED “Ideas worth spreading”.

L’ottimismo della WADA in merito al risultato del lavoro fino ad ora svolto dal team Pitsiladis è tale da spingere il direttore scientifico dell’agenzia mondiale Olivier Rabin ha dichiarare che i l professor Pitsiladis è nella fase finale del suo progetto, se i risultati dovessero confermare i precedenti studi, la sua ricerca porterà un approccio rivoluzionario ai test antidoping .”

Finanziamenti e tempo permettendo il nuovo test potrebbe essere sperimentalmente in uso già a partire dai Giochi di Tokyo del prossimo anno, come integrazione a supporto degli attuali protocolli di indagine antidoping.

Molto probabilmente ne sapremo qualcosa di più in occasione della quinta edizione del World Conference on Doping in Sport in programma dal 5 al 7 novembre a Katowice in Polonia.

Nella foto sopra il Prof. Yannis Pitsiladis

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