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Non è "solo acqua": cosa rende "veloce" una piscina?

Intervista a Marco Pascoli, progettista di impianti natatori, sul tema del momento: perché a Parigi non si nuota a tempo di WR?

Piscina Parigi

Che le condizioni del campo di gara influiscano direttamente sulle prestazioni degli atleti è evidente quando si parla di sport terrestri: i materiali e le caratteristiche costruttive rendono piste e pedane di atletica più o meno veloci e performanti; permettono ai parquet dei campi di basket di garantire rimbalzi più accentuati e precisi; consentono ai ciclisti, a parità di watt sviluppati, di andare più veloci.

Ma quando ci si sposta in piscina verrebbe facile pensare che “è solo acqua”, e che quindi le caratteristiche del bacino che la contiene siano irrilevanti.

I risultati che arrivano da Parigi suggeriscono il contrario: arrivati alla terza giornata di gara non è ancora stato siglato un WR, in un momento storico in cui il nuoto è in grande evoluzione, e nessuno dei neo campioni olimpici ha avuto bisogno di nuotare il proprio record personale per aggiudicarsi la medaglia d’oro:

 

TITOLI OLIMPICI ASSEGNATI AL GIORNO 2 

  • 400 MX U - MARCHAND Lèon (FRA) - 4:02.95 OR
  • 100 RA U -  MARTINENGHI Nicolò - 59.03 
  • 100 FA D -  Torri HUSKE (USA) - 55.59
  • 400 SL U - MAERTENS Lukas (GER) - 3:41.78
  • 400 SL D - TITMUS Ariarne (AUS) - 3:57.49
  • 4X100 SL D -  Australia (AUS) - 3:28.92 OR
  • 4X100 SL U -  Stati Uniti  (USA) - 3:09.28

 

Ma cosa rende più o meno “veloce” una piscina? Ne parliamo con Marco Pascoli: ingegnere con decine di impianti natatori all’attivo, omologatore di impianti per il Comitato Regionale Veneto della FIN e attento osservatore di ogni innovazione e tendenza progettuale.

È un dato di fatto che esistono piscine che garantiscono agli atleti una maggiore fluidità di nuotata e quindi performance migliori. Purtroppo quella dei fluidi è una meccanica talmente complessa e influenzata da una tale quantità di variabili che è pressoché impossibile avere risposte certe. Si possono però formulare alcune ipotesi.

Gli atleti nuotano immersi in un fluido, appunto, all’interno del quale si generano attriti e turbolenze legate al movimento dell’acqua. Gli elementi principali che possono influire su questo movimento, ai quali va posta la massima attenzione in sede di progetto, sono essenzialmente tre:

  1. il bordo sfioratore, che deve completamente smorzare le onde sollevate dai nuotatori 
  2. la testata di virata che deve consentire anch’essa l’attenuazione dell’onda generata dal movimento dell’atleta. Il moto ondoso generato da una staffetta 4x100 stile libero, è ovviamente più accentuato rispetto a una gara di mezzo fondo, mentre le onde prodotte da un ranista sono diverse da quelle di un dorsista. Le caratteristiche del bordo sfioratore e delle testate di virata potrebbero creare un movimento d’acqua riflesso che rende maggiormente difficoltosa la nuotata dell’atleta in generale ed in particolare in funzione dello stile praticato
  3. La posizione delle bocchette di immissione rispetto al fondo della piscina, soprattutto se sono posizionate lungo le pareti, potrebbero generare delle turbolenze che diminuiscono la fluidità della nuotata

Nel caso della piscina di Parigi 2024 escluderei invece l’elemento profondità:  la riflessione dell’onda determinata dalla “compressione” dell’acqua sotto il nuotatore potrebbe generarsi in piscine poco profonde (ed è comunque difficile stabilire se ciò influisca in maniera determinante sulla nuotata), mentre a Parigi parliamo di una profondità di 2,30 metri, ampiamente sufficiente a disperdere la spinta verso il basso prodotta dagli atleti.

In sostanza, l’unica certezza è che non ci sono certezze: per questo sarebbe interessante, al termine dei Giochi, un’analisi dettagliata della struttura per aumentare le conoscenze in nostro possesso e orientare la progettazione futura in direzione sempre più funzionale alle necessità degli atleti.

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