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SS Silvia Scapol |   / Notizie  / Interviste e Personaggi

Alice Mizzau: "Non si è mai pronti per smettere. Ma adesso voglio un pò di tempo per me”.

Intervista ad Alice Mizzau, che da poco ha lasciato il mondo delle competizioni ma che al nuoto itaiano ha dato davvero tanto.

È un'atleta che non necessita di presentazioni, ma è dovesoro ricordare chi è Alice Mizzau per il nuoto italiano.

Specialista nello stile libero, vanta ben quattordici titoli italiani, un argento e un bronzo mondiali, a livello europeo due ori, un argento e tre bronzi. Nelle staffette 4x100 e 4x200 è stata spesso protagonista, stabilendo insieme alle compagne, record italiani e podi.

Atleta del Gruppo Sportivo Militare delle Fiamme Gialle, agli ultimi Campionati Italiani annuncia il suo ritiro dalle competizioni.

Ma quello che tutti ci auguriamo è di ritrovarla sempre nell'ambiente, come è successo con il Mondiale di Budapest, dove è stata commentatrice per nuoto.com.

Hai detto che uno dei ricordi più belli che hai è quello dei tuoi genitori al villaggio olimpico. Il ruolo della famiglia nel percorso sportivo di un atleta è fondamentale. Cosa diresti della tua?

Sono stati praticamente dei Santi! Mi hanno trasmesso tantissimo lo spirito di sacrificio e il senso del dovere. Mi hanno sempre imposto di dover andare in piscina, ma non perchè dovessi diventare qualcuno, ma perchè avevo preso un impegno con la società, conla squadra e con l'allenatore. E l'impegno andava onorato. Sono sempre stati al mio fianco e per loro ero sempre bravissima.

Scherzando però ho detto a mio papà che umiltà a vagonate va bene, però forse una tacca in meno andava bene lo stesso, almeno ci saremmo goduti i risultati. Per richiare di non camminare tre metri sopra il cielo, a volte camminavamo tre metri sotto terra, anche se avevamo tutti i motivi per gridare la nostra felicità.

È difficile allenarsi, gareggiare, confermarsi, rialzarsi dopo le cadute. Ma forse la cosa più difficile per un atleta è decidere di smettere.

Non si è mai pronti per smettere. È qualcosa di incredibilmente strano, va fuori dagli schemi. Tutti prima o poi lo fanno, ma quando tocca a te è diverso. Dentro di me avevo smesso dopo il Sette Colli del 2024, con la mancata qualificazione olimpica. So perfettamente cosa significa sacrificarsi per poter raggiungere determinati risutati e avevo la consapevolezza che non ero più disposta a farli questi sacrifici. E poi l'età non va sottovolatutata: non riuscivo più a fare quello che facevo anche solo quattro anni fa.

Per un atleta è molto difficile riconoscere questa cosa e soprattutto accettarla. 

E poi cominci a vedere la vita con occhi diversi: nuove prospettive, nuovi progetti. 

In cuor mio quindi lo sapevo già. Però sono sempre stata una persona che non ama lasciare le cose a metà e volevo finire la mia carriera con una gara.

A settembre 2024 mi sono trasferita a Reggio Emilia per vivere con il mio fidanzato e per prendermi del tempo per fare le dovute riflessioni.

Anche negli allenamenti mi sentivo diversa: un atleta non si allena tanto per fare, se non hai un obiettivo diventa difficile e doloroso. Ma soprattutto inutile. Perchè comunque sai di non aver fatto bene e ti senti in colpa. E poi mi sono resa conto che a Reggio Emilia non ho un'identità da atleta, bensì da donna. Questo forse sta rendendo il passaggio un pò più semplice perchè un conto è smettere nel luogo dove hai sempre fatto quello, una faccenda completamente diversa è farlo dove per tutti sei Alice e non la nuotatrice, dove le mie giornate sono sempre state scandite dalla mia vita personale e non dai miei allenamenti. Quando avevo ripreso a nuotare San Marino praticamente era un pianto quotidiano, perchè mi allenavo e percepivo perfettamente il distacco che sentivo dal mondo del nuoto. 

Qual è il più bel ricordo che hai del tuo percorso da atleta?

Sicuramente l'aver portato i miei genitori al villaggio olimpico. Mi rendo conto che come atleta a volte non hai la percezione dei risultati ottenuti; crescendo però capisco quanto grande sia la soddisfazione di un genitore nel vedere il proprio figlio raggiungere i propri obiettivi e realizzare i propri sogni. È qualcosa di grande. Ed è una piccola ricompensa per gli enormi sacrifici che fanno per noi. 

Parlando con il mio fidanzato, gli dicevo inoltre che, la settimana da nuotatrice che vorrei rivivere all'infinito è l'ultima della mia carriera. Dal primo giorno all'ultimo. È stata così piena di emozioni: sono riuscita a vivere tutto in pienezza e con incredibile serenità. Il giorno in cui sono tornata a San Marino, che per me è stata "casa" per moltissimo tempo e ho ricordi meravigliosi, l'approccio alla gara, l'ansia, l'ambiente piscina in generale, vedere i ragazzini più giovani vincere le loro prime medaglie. E sicuramente tutto l'affetto che ho ricevuto: non me lo aspettavo, perché l'ultima non è stata brillante e mi ha commosso. 

Probabilmente ti è stato restituito ciò che tu hai dato in tutti questi anni.

Forse si, e questo è bello perché è qualcosa che va oltre il risultato, che tiene conto ti tante e tante cose. Il rischio che si corre quando si è atleti di alto livello è che sei degno di nota non come persona, ma solo per i risultati che hai. Invece siamo persone anche noi, e lo sport è una parte della nostra vita che è visibile a tutti. Ma ognuno di noi ha dentro un Universo. Con l'esperienza ho imparato a non sprecare più il mio tempo con chi ti ritiene solo un risultato sportivo e non una persona. E mi sono ripromessa che queste persone non dovevano intaccare l'amore per questo sport, e fortunatamente così è stato.

Qualche rammarico nella tua lunga carriera di nuotatrice?

Credo che un rammarico sia quello di non aver concesso a me stessa di godere dei risultati che ho avuto. Alla chiusura della scorsa stagione il mio focus era il fatto di non essere riuscita a qualificarmi per Parigi. E non va bene. Perchè il mio perocorso non è stato solo non essermi qualificata per le ultime Olimpiadi, ho avuto un sacco di risultati, e devo guardare a quelli. 

Non ho saputo dare il giusto valore ai successi quando arrivavano: mi concentravo subito sul prossimo obiettivo e su come raggiungerlo. Da una parte è giusto che sia così, perché è lo slancio per andare avanti, è il motore, il fuoco che anima gli atleti; dall'altra però ti perdi il bello di quello che hai raggiunto. Con l'età capisci che anche una pacca sula spalla sarebbe stata una buona benzina.

Sono entrata in Nazionale nel 2011 e il mio percorso, come per molti altri, è stato di alti e bassi; per i più disparati motivi. Però, riguardando tutta la strada fatta, posso ritenermi soddisfatta.

Come vedi l'evolversi del nuoto e dei nuotatori?

Non saprei... Penso a quando Luca Corsetti, mio allenatore per molto tempo, mi propose di prendere il cronometro in mano: mi sento molto distante dall'approccio che oggi vedo con certi atleti più giovani. Personalmente sono cresciuta col bastone e qualche volta la carota: i giovani di adesso sono molto diversi, e non a tutti piace il sacrificio. Però il consiglio che do è che prima lo capiscono e meglio è: se vuoi un risultato devi fare fatica, e tanta! Oggi poi ci sono molti più avversari, perché il nuoto è cresciuto moltissimo come sport, ci sono anche molte più possibilità di fare esperieze diverse che arricchiscono e fanno crescere. Quindi bisogna fare ancora più fatica. Ho l'impressione che alcuni atleti devono ancora iniziare ad affermarsi veramente, e sono già stanchi di quello che hanno fatto. Così non vai distante. Ottenere un risultato non vuol dire essere forti, ma neanche due; è restare sul pezzo per tanto, tanto tempo. Se la mia generazione è cresciuta a vagonate di umiltà, tra questa c'è un pizzico di presunzione. 

 

Hai pensato a un futuro da allenatore?

Per il momento no, voglio riprendermi in mano la mia vita. Poi non lo escludo in futuro. All'inzio voglio un pò di tempo per me. Poi non si può mai sapere. 

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