"Amichevoli ma non amici"
Intervista esclusiva con Cesare Butini
Grazie alla collaborazione di Diego Polani , intercettiamo il Direttore tecnico delle squadre nazionali Cesare Butini a margine del corso allenatori di primo livello presso il Centro federale di Ostia.
Nuoto•com: Che effetto ti fa stare in aula a fare lezione per i giovani colleghi?
Cesare Butini: È sempre una cosa molto piacevole. In primis mi ricordo quando ero io il discente, e percepisco l'entusiasmo che è il motore della nostra professione. Quindi cerco di mettermi dalla loro parte cercando di condividere con loro la mia esperienza e il mio percorso, che mi ha permesso di conservare la passione con la quale sono partito. Il piacere stare sempre a contatto con i ragazzi, di essere per loro un supporto e la possibilità di mettersi sempre in gioco ed affrontare nuove sfide. Questo ci permette di affrontare meglio il quotidiano, che non sempre è facile, ma che ci fa posizionare l’asticella sempre più in alto. È sempre quindi una bella emozione stare qui e lo faccio con molta gioia.
NPC: Che consigli daresti ai giovani aspiranti allenatori?
CB: Innanzi tutto consiglio di documentarsi bene in tutte le componenti della nostra professione, il che implica un continuo aggiornamento. Consiglio anche di mantenere sempre e comunque la loro personalità nella gestione del gruppo: che bisogna avere un atteggiamento autorevole, stare dalla parte degli atleti, essere amichevoli ma non “amici”, far comprendere il nostro ruolo che è quello di mettere l’atleta al centro del lavoro per il conseguimento dell’obiettivo. Essere comunque estremamente professionali, migliorarsi sempre e rispettare gli atleti e il loro contesto familiare.
NPC: Come vivi la stagione olimpica?
CB: La vivo sullo slancio dei grandi risultati ottenuti all’ultimo Mondiale, che sono il frutto di un percorso nato da tanto tempo e che mi vede alla direzione tecnica dal 2013. La squadra a Gwangju è stata perfetta, e come squadra intendo atleti, tecnici e dirigenti. È stato un lavoro d’insieme importante, si è visto un team unito, coeso, non ci sono stati screzi, la squadra ha funzionato e questo significa che c’è armonia tra lo staff tecnico e le realtà di provenienza degli atleti. Gli atleti a loro volta hanno interpretato benissimo tutte le indicazioni che da anni cerchiamo di trasferirgli, non hanno mai mollato per otto giorni rimanendo sempre sul pezzo e colmando una lacuna storica: non affrontare le batterie con il giusto piglio. Nel 2016 dissi che i nostri atleti non dovevano considerarsi di serie B: hanno dimostrato di essere atleti di serie A e questo credo sia il maggiore successo ottenuto in Corea. Bisogna comunque rimanere con i piedi per terra, anche se sappiamo di avere delle buone possibilità, e dare tutti il massimo per cogliere le occasioni che una grande squadra come la nostra può ottenere.
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