Cesare Butini: "Big affermati e giovani emergenti, guardiamo a Tokyo pensando a Parigi. Ora la priorità è far ripartire il movimento giovanile"
Intervista esclusiva con il Direttore tecnico delle Squadre nazionali. Il bilancio dei Campionati europei appena conclusi, le aspettative per il Sette Colli, le previsioni per Tokyo. Ma in cima alle preoccupazioni del responsabile del nuoto azzurro c'è la difficile situazione dei giovani e giovanissimi bloccati dalla pandemia
Abbiamo raggiunto il Direttore tecnico delle Squadre nazionali Cesare Butini per alcune riflessioni sul Campionato europeo appena concluso e sulle prospettive future, in vista di Tokyo e non solo.
Questo Campionato europeo oltre alla conferma degli atleti di punta ha visto un'eccellente prova dei giovani, in diversi casi molto al di sopra delle aspettative. Qual è il suo pensiero sulla squadra in generale e su questo ricambio generazionale che forse arriva un po' prima del previsto?
Sicuramente la consacrazione dei big c’è stata e questo mi fa davvero piacere. Federica Pellegrini è una certezza: sa dare il massimo nel momento che conta. La cosa che tengo poi a evidenziare è il consolidamento di Simona Quadarella , soprattutto per quanto riguarda la gara dei 400 stile libero: una prestazione gestita in maniera impeccabile, alla luce di una settimana in cui praticamente non è mai stata ferma: oltre alle gare individuali, ha nuotato anche nella staffetta 4x200. Lo stesso si può dire di Margherita Panziera , entrambe hanno dimostrato di essere veramente performanti in campo europeo. Ora dobbiamo trasportare queste performance in campo olimpico e mondiale, ma questo ovviamente vale per tutti.
Per Gregorio Paltrinieri va fatta una riflessione in più: in questo Europeo abbiamo dato priorità all'esigenza di maturare esperienza in chiave olimpica per le gare in acque libere. Lui ha passato la prima settimana a gareggiare nella 5Km, nella 10Km e nella staffetta arrivando, inevitabilmente, un po' a corto di energie per le gare in vasca. E comunque si è difeso benissimo perché non è arrivato così distante da Mykhailo Romanchuk , che ha vinto i 1500 e gli 800. Diverso sarà all’Olimpiade, dove il programma sarà invertito: prima la piscina e poi le acque libere.
Quello che mi ha fatto moltissimo piacere, per quanto riguarda i giovani che hanno fatto il loro ingresso da poco in Nazionale assoluta, è che hanno tenuto fede a quella che era stata la mia richiesta: il massimo impegno. Nulla da aggiungere per Benedetta Pilato , che stabilendo il record del mondo nei 50 rana ci ha stupito una volta di più. Ma atleti come Alberto Razzetti, Pier Andrea Matteazzi, Antonella Crispino , hanno dimostrato che alla prima uscita in Nazionale sanno emulare in un modo perfetto gli atleti più esperti. Mi fa piacere vedere questo tipo di atteggiamento, fermo restando che è bellissimo vedere anche atleti come Federico Burdisso o Thomas Ceccon che si confermano. Burdisso a Glasgow aveva potuto prendere parte alla finale per una rinuncia, e il suo risultato, in quell’occasione, poteva essere visto da qualcuno come “fortunato”. Ma in questo Europeo ha conquistato la sua medaglia a pieno titolo, confermandosi. In quest’ottica credo quindi che i giovani siano sinergici ai grandi e anche di stimolo, affinché gli atleti più esperti non abbassino la guardia.
È vero, c’è un’accelerazione nel ricambio generazionale, ma è un'accelerazione voluta: stiamo concludendo un quinquennio olimpico e pertanto ci restano solo tre anni per prepararci a Parigi 2024. Quindi ben venga questo ricambio e questa armonia tra gli atleti più giovani e quelli più maturi. Una squadra così numerosa fa sì che il nostro movimento sia rappresentato al meglio, per il presente e per il futuro.
Restiamo al presente: il percorso di avvicinamento a Tokyo cosa prevede? Quali sono le tappe fondamentali?
Il percorso di avvicinamento a Tokyo prevede un po' di differenziazione in base alle specializzazioni degli atleti, come sempre. Organizzeremo per i velocisti dei collegiali in pianura, a Siracusa, dove per altro siamo già stati ai primi di aprile; i fondisti andranno nuovamente a Livigno: gli atleti coinvolti saranno quelli del Centro federale di Ostia, Simona Quadarella, Martina Rita Caramignoli e Federico Burdisso . Loro staranno lì fino circa alla seconda decade di giugno per poi trasferirsi a Roma e poter sostenere l’ultima gara che valida per il completamento della Rappresentativa olimpica, il Trofeo Sette Colli. Dopodiché gli atleti andranno una settimana a casa e poi partiremo per il collegiale di avvicinamento Tokyo, il 12 di luglio. Paltrinieri e Pellegrini andranno in collegiale in altura subito dopo il Sette Colli, proseguendo poi direttamente per il Giappone. Le differenziazioni sono fondamentali perché nell’ambito della preparazione generale si è voluto dare importanza alla gestione attuata dai singoli allenatori che seguono gli atleti, anche a fronte poi di esperienze già consolidate che ci hanno dato riscontro sul fatto che quel tipo di situazione era funzionale alla preparazione e alle caratteristiche dell’atleta.
Ha citato il Trofeo Sette Colli, che è sicuramente l’appuntamento chiave tra Budapest e Tokyo. Alla luce dei segnali che hanno mandato parecchi atleti non ancora qualificati, cosa si aspetta in quell’occasione?
Con il Sette Colli dobbiamo chiudere la questione delle staffette: attualmente le staffette veloci a stile libero e la staffetta 4x200 sia maschile che femminile non sono ancora complete. E questa valutazione viene volutamente fatta a quattro settimane dall’appuntamento olimpico. Potremmo considerarli come i trials americani. e australiani Riteniamo che un atleta che riesce a qualificarsi a quattro settimane dall’evento possa mantenere lo stato di forma e la prestazione, o addirittura migliorare.
Questione diversa per le distanze più lunghe. L’Europeo ci ha già dato degli ottimi segnali in chiave olimpica e al Sette Colli mancano solo quattro settimane, poi altre sei fino all’Olimpiade. Bisognerà capire quale sarà l’indicazione corretta da dare. Questa sarà una riflessione da fare a breve, anche per dare indicazioni da un punto di vista metodologico, per non rincorrere costantemente la prestazione che poi potrebbe influenzare negativamente l’appuntamento più importante.
Ha accennato ai trials : a livello europeo possiamo davvero considerarci una potenza. In chiave olimpica, in attesa dei risultati di Australia, Stati Uniti e Giappone, quali pensa che saranno le carte più importanti che ci potremo giocare?
Alla luce dei risultati posso sicuramente dire che siamo molto ben rappresentati nelle gare maschili del fondo e del mezzofondo. Siamo ben rappresentati anche nelle gare della velocità, dopo l’exploit di Alessandro Miressi che con tre gare consecutive ha abbassato il record italiano a 47”45, un tempo che, fino ad ora, ha sempre permesso di tornare a casa dall’Olimpiade con una medaglia al collo. Poi c'è Nicolò Martinenghi che ha dimostrato di essere a pieno titolo nel gotha della rana maschile, anche se, come in quella femminile, c’è una densità e una qualità di atleti non indifferente.
In campo femminile abbiamo Federica che darà filo da torcere a tutte, abbiamo la conferma di Quadarella e di Panziera e poi aspettiamo che questo bellissimo record del mondo di Pilato sui 50 si trasformi in qualcosa di importante anche sulla distanza doppia.
Credo che queste siano le carte più importanti da giocare. Per quanto riguarda le presenze in finale, che sono un aspetto che spesso viene trascurato, ma invece sono molto importanti, all’Europeo ne abbiamo collezionate 52. Questo è il termometro più importante, da valutare congiuntamente alle 27 medaglie e che fa capire quanto sia strutturato il nostro movimento. Sarei contento se tutti gli atleti che a Budapest hanno collezionato medaglie conquistassero una finale olimpica. Sarebbe davvero un segnale importante e un grandissimo traguardo. Non è scontato che le medaglie europee si trasformino in olimpiche.
Le uniche note dolenti sembrano la velocità femminile a stile libero e il vuoto che prima o poi lascerà Federica Pellegrini nei 200 stile libero. Ovviamente non è qualcosa a cui si darà risposta da qui a Tokyo, ma per il futuro come vede queste due situazioni?
Il futuro in queste due situazioni purtroppo non è così roseo. All’orizzonte, ahimè, non vedo una nuova Federica: sarebbe anche difficile perché nella mia carriera di allenatore di Pellegrini ne ho vista una! Certamente Federica potrebbe essere il traino di nuove leve, che purtroppo però ad oggi non si vedono.
Situazione analoga per la velocità. Dobbiamo ideare un progetto, un percorso per quelle atlete che si sono distinte di recente, ad esempio Chiara Tarantino o Costanza Cocconcelli , perché acquisiscano maggiore consapevolezza. Ma facendo crescere anche i loro allenatori: questo è imprescindibile. Se si investe sull’atleta bisogna necessariamente investire anche sull’allenatore. Però in questo devo lanciare anche un appello alle atlete: ho vissuto una situazione analoga nel 2000, dove avevamo un problema con lo stile libero, sia velocità sia 4x200, e abbiamo avuto la disponibilità delle atlete a essere coinvolte in collegiali da due, tre, quattro settimane. Hanno risposto in un modo eccezionale. Oggi le generazioni degli atleti sono cambiate, bisogna capire che serve un po' di sacrificio per poter ottenere dei grandi risultati. Essere disponibili a prendere la valigia e dedicare del tempo, investire del tempo in situazioni che probabilmente non sono quelle più comode, ma sono quelle più utili. Non è facile, però dobbiamo provarci. Questo non significa che si voglia sradicare atlete o stravolgerne le abitudini, assolutamente no, però dobbiamo dare gli strumenti e le occasioni a chi ha voglia di crescere, di poterlo fare.
Quindi in questa strategia rimane fondamentale il ruolo dei Centri federali?
Più che i Centri federali direi il ruolo dei progetti federali. Nel senso che è importante riuscire a mettere insieme queste atlete, coinvolgerle nei programmi, portarle a competere, ma in maniera sistematica, non sporadicamente. Noi vorremmo che situazioni di grande potenzialità, che ci sono diffuse in tutta Italia, fossero raggruppate insieme, per poi avere un percorso comune con un obiettivo comune.
C’è una fetta importante di nuoto italiano che è rimasto fermo per più di un anno. Avete pensato a qualche iniziativa per recuperare questo gap che non vediamo oggi, ma che fra tre o quattro anni rischia di ripercuotersi in maniera pesante sul movimento nel suo complesso? Oppure in questo momento l’unico pensiero deve necessariamente essere Tokyo?
Il pensiero non va solamente a Tokyo, perché altrimenti fra due mesi saremmo fermi. Il pensiero va già a Parigi 2024 ma, come si diceva, il problema non è delle punte che sono già in una dimensione olimpica. Il problema è di quella base del movimento che non ha avuto modo di seguire il loro percorso. A pensarci bene potrebbe essere proprio questo il motivo per cui non siamo riusciti a qualificare la 4x100 stile libero femminile. Le atlete che quest’anno abbiamo portato all’Europeo non abbiano potuto fare le giuste esperienze lo scorso anno, non si sono potute confrontare in un modo fruttuoso per quello che era il loro percorso tecnico. Sarà importante tornare il prima possibile a una situazione di normalità, ma purtroppo al momento siamo costretti a tenere contingentati i numeri anche per il prossimo Campionato di categoria, quindi dovremo assolutamente inventarci qualcosa per coinvolgere nuovamente ragazze e ragazzi. Non saprei quale potrebbe essere la strategia migliore, è chiaro che bisognerà di dare una nuova spinta a tutto il movimento. Non è possibile fermare l'attività giovanile. Purtroppo a chi ha perso un Europeo junior non potremo mai restituirlo. Cercheremo di coinvolgere questi atleti con i raduni e in qualche meeting internazionale o altro. È chiaro che attualmente tutta questa volontà è frenata dalla difficoltà di portare gli atleti in giro a causa delle cautele che bisogna avere nei confronti dell’esposizione al virus. Spero che a settembre, grazie ai vaccini, questa situazione possa essere superata e si possa tornare a una normalità per tornare ad avere spinta e motivazione per tutti.
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