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Cesare Butini: "Una grande Olimpiade, ma serve più abitudine a gareggiare. I Centri Federali sempre più supporto delle società"

Il direttore tecnico delle squadre nazionali riflette sui successi e le sfide di Parigi, evidenziando l'importanza di una preparazione costante e di un miglioramento culturale per gestire le difficoltà logistiche e la pressione delle grandi competizioni

A margine dei Campionati Giovanili estivi in corso di svolgimento presso lo Stadio del Nuoto, incontriamo il Direttore Tecnico delle Squadre Nazionali Cesare Butini, che come ogni anno ha voluto presenziare a questo appuntamento fondamentale per il futuro del nuoto azzurro, trasferendosi dalle vasche della Défense Arena a quelle del Foro Italico senza soluzione di continuità.

Buonasera Cesare, ti risparmiamo i complimenti per questa Olimpiade straordinaria. Il molto che è andato bene lo abbiamo visto e celebrato tutti, ma oltre alla soddisfazione per le medaglie quali spunti tecnici porti a casa da Parigi?

Un tema sul quale bisogna certamente riflettere è il fatto che alcuni atleti, anzi la maggioranza degli atleti italiani, devono sempre avere un periodo di riposo fra una gara e l'altra, con pochissime eccezioni, primo fra tutti  Alberto Razzetti che ha gareggiato quasi tutti i giorni.

Gli atleti italiani tendono a farsi condizionare molto dalle difficoltà logistiche, ad esempio dal fatto che non si riposa e si soffre il caldo. Ho avuto modo in più occasioni di dire che l'Olimpiade, a differenza di un campionato mondiale, è la situazione dove storicamente si riscontrano più difficoltà, e che l’atleta vincente è quello in grado di gestirle.

L’organizzazione è davvero così disastrosa come si dice?

I trasporti sono stati oggettivamente un problema, direi il vero tallone d'Achille dell’organizzazione insieme alla mancanza di aria condizionata. Purtroppo, è un comfort al quale non siamo più in grado di rinunciare e quindi siamo meno abituati a supportare il caldo.

Per correggere questa situazione dobbiamo lavorare sui giovani per cercare di perdere questa abitudine a centellinare le energie in occasione di campionati italiani o europei, dove i nostri big si qualificano agevolmente per le finali senza necessità di innestare le marce alte.

Dobbiamo migliorare il mantenimento della condizione fisica e mentale, specialmente in un format estensivo di nove giorni come le Olimpiadi. Leon Marchand ha nuotato sei volte i 200 metri in due giorni; Caeleb Dressel per le esigenze della squadra ha nuotato le batterie della staffetta mista dopo quella dei 100 farfalla, e poi al pomeriggio è sceso in acqua per la finale dei 50 stile libero e appunto dei 100 farfalla. È una questione  di cultura e abitudine.

Oltre alle medaglie, quali sono stati i segnali positivi e meno positivi di queste Olimpiadi?

C'è stato un miglioramento continuo delle ragazze, soprattutto nella determinazione con cui hanno affrontato le prove di staffetta. La 4x100 stile libero è riuscita a entrare in finale e la 4x200 è stata veramente a un soffio. Tuttavia, anche in questo caso c'è il tema del mantenimento della prestazione tra batteria e finale.

È stata in generale un'ottima Olimpiade dal punto di vista prestativo. Atleti come Benedetta Pilato hanno consolidato il loro ruolo e ci confortano in una prospettiva futura.

D’altra parte, se Gregorio Paltrinieri ci insegna che a 30 anni si possono nuotare i 1500 stile libero sui tempi di Rio 2016, è anche vero che alcuni elementi della squadra hanno raggiunto una stabilità nelle prestazioni e in prospettiva Los Angeles si pone una questione di ricambio generazionale.

L’unica vera controprestazione, inutile ribadirlo, è stata quella della staffetta mista maschile. Io non ritengo fossimo in grado di puntare alla medaglia ma, come dicono gli anglosassoni, if you have a lane you have a chance, e quindi sarebbe stato importante esserci.

Va invece fatta una riflessione sulla squalifica della staffetta mista femminile: la scelta di confermare come frazionista Viola Scotto di Carlo dopo la squalifica nei 100 farfalla individuali è stata determinata dall’indicazione ricevuta dai giudici che l’infrazione fosse limitata agli ultimi metri. A seguito della ulteriore squalifica in staffetta, l’analisi delle riprese subacquee ha confermato che la nuotata è stata irregolare per tratti molto più lunghi.

A questo punto mi dico, non essendo Viola mai stata squalificata in competizioni sul territorio italiano, che abbiamo necessità di lavorare a stretto contatto con il Gruppo Ufficiali Gara e dotarci di VAR anche per le competizioni nazionali, in modo da evitare il ripetersi di queste situazioni, che peraltro hanno afflitto anche altri team, vedi la squalifica proprio di team USA sempre nella staffetta mista.

Neanche il tempo di attendere la cerimonia di chiusura e due pezzi da novanta come Adam Peaty e Ariarne Titmus hanno annunciato la sospensione dell’attività. C'è un problema di eccessiva pressione sugli atleti di alto livello?

Distinguerei da situazioni di autentico malessere patologico come, per quello che ci è dato sapere, è capitato ad esempio a Caeleb Dressel e Kristof Milak, e situazioni di stop programmato: Titmus e Peaty hanno deciso di prendersi una pausa per rigenerarsi. Questo è un investimento per il prossimo quadriennio, per mantenere il corpo in condizioni ottimali e affrontare le sfide future. Una scelta assolutamente ragionevole in un momento in cui la metodologia dell’allenamento punta sempre più sulle alte intensità, con tutto il carico di stress che queste comportano.

Per la prima volta la preparazione fra un’Olimpiade e l’altra è stata di tre e non di quattro anni. Pensi che questo abbia influito sui risultati che abbiamo visto in vasca?

Bisogna capire perché ci sono stati pochi record del mondo, ma non mi sento di poter attribuire questa penuria al ciclo triennale, i motivi possono essere i più disparati.
Sicuramente alcuni atleti non più giovanissimi possono essere stati incentivati a proseguire sapendo che li attendevano “solo” tre anni di sacrifici per partecipare alla prossima Olimpiade.

Passata la frenesia olimpica, quali sono i prossimi passi per migliorare il nuoto italiano?

Innanzitutto continuare a lavorare e non sedersi sugli allori. Dobbiamo continuare a formare i nostri tecnici, migliorare le tecniche e le metodologie di allenamento.

I centri federali devono essere un punto di riferimento ma non devono sostituirsi alle società: vogliamo mantenere il più possibile gli atleti nel loro ambiente e con i loro tecnici in modo che crescano insieme e siano sempre motivati.

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