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Lo Spillo di Trento

Intervista a Renè Gusperti: "sono un tradizionalista e non ho mai voluto lasciare la mia città".

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Lo chiamavano "Spillo" perché alto e magro. René Gusperti è cresciuto alla Rari Nantes di Trento guidato da Walter Bolognani, a sua volta detto “il Bolo” . Due Olimpiadi nel suo palmares, una figlia che ha seguito le sue orme e una carriera da allenatore. Poche settimane fa ha deciso di appendere il cronometro al chiodo, ma sono tanti i ricordi che conserva dentro di sé e che descrive come se fosse gli anni non fossero mai trascorsi. Ai tempi membro del Gruppo Sportivo militare “Fiamme Gialle”, oggi è un finanziere a tutti gli effetti.

Renè, perché ha scelto il nuoto? Come è iniziata la sua passione per questa disciplina?

Ho iniziato a nuotare grazie alla mia famiglia, in particolare a mio padre, poiché mia madre seguiva lo sport meno assiduamente. Inizialmente giocavo a calcio, ma dopo un anno e mezzo ero già stufo. Lui pur di farmi muovere mi portò in piscina, perché era proprio vicino. Ho iniziato alla Rari Nantes Trento nel 1984, sotto la guida di Massimo Eccel come esordiente e poi di Walter Bolognani che mi ha seguito durante tutto il mio percorso.  Il salto di qualità è avvenuto nel 1987, quando mi sono qualificato agli Europei Junior di Roma, quasi per scommessa e arrivò anche la medaglia di bronzo nei 50 stile libero. Inizialmente nuotavo sia a stile che a dorso.

Lei vanta due partecipazioni olimpiche: tra tutti qual è il momento della sua carriera che ancora oggi la emoziona?

Ero al Trofeo Settecolli di Roma nel 1992, quando tentai la qualificazione per le Olimpiadi di Barcellona. La prova dei 50 metri non andò come speravo: il tempo limite era 23"0, ma io nuotai in 23.13 e pur avendo toccando per primo non raggiunsi l'obiettivo prefissato. Dopo una notte di pianti e di rammarico, Walter mi disse che il giorno dopo avrei gareggiato anche nei 100 metri stile libero, per cercare il tempo sul passaggio ai 50 metri. Negli anni '90 era concesso. Non delusi le aspettative, il cronometro segnò 22"85, nonché record italiano assoluto e pass per le Olimpiadi di Barcellona. Durante la manifestazione a cinque cerchi mi confermai e nuotai la distanza in 22''90, smentendo tutte le critiche in merito alla mia qualifica. Fu davvero emozionate e soddisfacente, specie dopo anni e anni di sacrificio. Direi che Me la sono sudata, letteralmente. La qualificazione per le Olimpiadi del 1996, invece, è stata molto più facile, avendo già nuotato il tempo limite ai Campionati italiani primaverili.

Come ha vissuto il passaggio da atleta a tecnico? Avere un passato agonistico alle spalle, agevola la professione?

Non dico che sia più facile, però può effettivamente aiutare. Un ex-atleta porterà sempre con sé la voglia di vincere e ottenere risultati, quella sorta di ambizione a volte fin troppo alta. Si tratta di un arma a doppio taglio, perché che non sempre gli atleti hanno lo stesso spirito agonistico e a volte può compromettere il rapporto alcuni di loro.

Lei è cresciuto in un contesto “chiuso” e piccolo come Trento. Rifarebbe tale scelta? Trova che abbia influito sul suo percorso da atleta?

Si, non ho mai voluto lasciare la mia città perché in fondo stavo bene ed ero in perfetta sintonia con il mio allenatore Walter. Ancora oggi siamo molto legati e per me è stato fondamentale. Ai miei tempi la velocità non era così tanto seguita, io sono stato primatista italiano per molti anni e non c’era tanta concorrenza come oggi. Walter era appassionato di questa specialità e si formava tanto anche all’estero. Lui stesso mi disse di andare via e fare esperienza altrove, ma ho preferito di no. Ad oggi un po’ me ne pento, magari sarebbe andata diversamente, ma in fondo stavo bene qui e avevo la mia famiglia vicino. Insomma, non è sempre facile stravolgere tutto. Ancora oggi vedo che comunque a Trento si fa fatica, la vasca da 50 non è pronta, io quando gareggiavo la vedevo pochissimi mesi l’anno. Non a caso tutti vanno via, come Arianna Bridi che si è trasferita a Roma da Fabrizio Antonelli per migliorare nel nuoto di fondo.

Proprio per questo lei è considerato uno dei migliori campioni del Trentino. È ancora tanto legato al suo territorio?

Si, assolutamente e proprio per questo motivo sono rimasto. Pur essendo entrato nel Gruppo Sportivo Fiamme Gialle con la possibilità di allenare a Roma, ho preferito Trento, casa mia. Sono un tradizionalista, come tutti i trentini. Per quanto sia difficile allenare in questo contesto, ho accettato la sfida e ho scelto di continuare qui perché in fondo sono sereno. Dopo Trento, mi sono spostato a Rovereto per concludere la mia carriera.

Lei è ancora giovane, come mai ha deciso di appendere il cronometro al chiodo e lasciare definitivamente il mondo del nuoto?

Questi mesi di lockdown hanno influito parecchio. Era una decisione che avevo già in testa da un po’ di tempo, ma la quarantena è stata decisiva. I miei obiettivi e quelli della società erano distanti, perciò non avrebbe avuto senso portare avanti questo rapporto. È finito un ciclo, adesso voglio dedicarmi alla mia famiglia, rilassarmi e sono un finanziere a tutti gli effetti. A tal proposito sottolineo l'importanza dei Gruppi Sportivi militari: consentono agli atleti di portare avanti la loro passione in tutta serenità senza preoccupazioni in merito al futuro una volta terminato l'agonismo.

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