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Oggi la Giornata Internazionale dello sport ONU

6 Aprile 1896. Ad Atene la prima edizione dei Giochi Olimpici moderni.

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Oggi lunedì 6 aprile; con il posticipo dei Giochi olimpici al 2021, lo stop forzato dell'attività agonistica in pieno corso e con il mondo sportivo che chiede aiuto per evitare il tracollo, si celebra la " Giornata mondiale dello sport per lo Sviluppo e la Pace " indetta dall'ONU nel 2013 per promuovere il valore dello sport nella coesione sociale e nello sviluppo, ed è proprio su questo aspetto che vertono le celebrazioni dell'edizione 2020, come riportato sul sito del CONI.

CONI - Quest'anno la Giornata dunque si concentrerà non soltanto sui benefici dello sport per la salute, ma anche sulla sua capacità di unire le persone. Anche al tempo del distanziamento sociale, con atleti, tecnici e istruttori che stanno giocando insieme la partita della solidarietà e che, con il loro esempio, aiutano i propri tifosi e gli appassionati a trascorrere queste giornate di isolamento, rimanendo in forma e offrendo loro un'opportunità di svago. Distanti, ma uniti. Al di là di qualsiasi muro o confine.

Leggi Comunicato CONI

La giornata del 6 Aprile è stata scelta perchè coincide con la data di apertura dei Giochi olimpici moderni avvenuta ad Atene nel 1896, a tal proposito proponiamo due contributi di Paolo Tondina per ricordare la figura del fondatore Pierre de Frédy, barone di Coubertin, chiamato solitamente Pierre de Coubertin.

De Coubertin, sport è formazione?

sport come formazione dei giovani

Se lo sport agonistico (non considero sport l’attività da due volte a settimana, é un’attività fisica che fa bene, ma non è l’agonismo) è un ottimo strumento di formazione deve essere a disposizione di tutti. Ma come può essere per tutti un sistema che comincia con una selezione? E come può recuperare successivamente se l’imbuto col tempo si stringe continuamente?

Sport come diritto

Se fare sport è un diritto non può essere rivolto solo ad alcuni. Deve aprirsi e mantenersi qualificante per tutti quelli che vogliono farlo almeno fino alla maggior età (é necessario stabilire che ci sia un termine nella formazione e nel definire la giovinezza o tutta la questione diventa un’assurdità). Successivamente, quando si diventa adulti, non c’è più la necessità di una garanzia, perché comincia la libera iniziativa di un soggetto che per definizione è autore e protagonista delle sue mete.

Tutti i giovani hanno quindi il diritto di fare sport se lo considerano adatto a sé e buono per la propria vita. Tutti hanno il diritto di essere sostenuti. Per questo l’ente pubblico deve riservare risorse a quest’opzione. Per questo chi cerca questa strada deve essere aiutato a non lasciarla. Per questo l’accesso allo sport agonistico deve rimanere aperto a chi lo vuole fare, a chi vuol farlo bene e a chi accetta di farlo secondo i suoi principi, anche se non gli viene bene, se sballa, o se molla e riprende (è la vita che è fatta così, se si vuole formare bisogna formare alla vita e non ad un qualcos’altro che non c’è).

diritto e prestazione

Tutto questo non intacca la ricerca della prestazione che è sostanza dell’agonismo e parte integrante del percorso formativo. Non c’è sport agonistico senza ricerca di un risultato, cioè di un qualcosa di nuovo che viene fuori da quello che si fa.

Il risultato, che non è solo un tempo, ma una situazione, un modo di pensare, un’abitudine buona, una capacità di controllo…, crea la meta, ed è la meta il fulcro della ricerca individuale e del piacere di fare sport. é la meta la legge del moto di un corpo. Togli qualcosa e crolla tutto.

De Coubertin

é consolante sapere che si può trovare l’ispirazione direttamente dall’inventore dell’Olimpismo, la gara più bella del mondo. Il nostro barone preferito di cose ne aveva pensate. Diceva, infatti:

“Per ogni individuo, lo sport è una possibile fonte di miglioramento interiore.”

“In nessun modo lo sport può essere considerato un oggetto di lusso”.

“Lo sport dell’antichità teneva lontani dalle sue arene gli schiavi. Bisogna fare in modo che quello dei tempi moderni non segua la stessa regola nei confronti dei meno abbienti”.

“Tutti gli sport per tutta la gente”.

Possiamo ritenerci olimpici tradendo continuamente queste parole?

Perchè cento si dedichino alla cultura fisica

Quando De Coubertin scrisse il famoso pezzo: “perché cento si dedichino alla cultura fisica, bisogna che cinquanta facciano sport. Perché cinquanta facciano sport bisogna che venti si specializzino. Perché venti si specializzino bisogna che cinque si mostrino capaci di grandi prodezze” aveva capito che era la quadratura del cerchio. Cosa poteva spingere al movimento? Non certo la salute. All’uomo sano non interessa la salute. Per muoversi l’uomo sano deve sognare, guardare altri, vedere una vita più bella.

La tesi

Il principio vale anche oggi. Se vogliamo che centinaia di migliaia di giovani facciano attività fisica, occorre che decine di migliaia pratichino lo sport. Perché decine di migliaia pratichino sport, occorre che migliaia di atleti facciano agonismo. Perché migliaia di atleti facciano agonismo, occorre che decine di loro facciano risultati eclatanti. Questo principio è ciò che da senso al nostro lavoro quotidiano. Perché deve esistere una società sportiva? perché deve essere aiutata dal pubblico e dal privato? perché è bene che faccia agonismo? perché deve cercare di farlo al massimo delle sue possibilità? La risposta è qui.

L’antitesi

Ma c’è qualcuno che desidera che centinaia di migliaia di persone facciano attività fisica? Qualcuno che vuole che si faccia agonismo? Chi è questo qualcuno?

Chissà se De Coubertin aveva pensato che il suo principio sarebbe stato sempre ribaltato. Ambizione, narcisismo e potere sono i principali motori dell’agire dell’uomo. Normalmente trasformano il suo principio nell’opposto. Occorre che milioni di persone facciano attività fisica solo perché occorre trovarne uno che vinca i Giochi Olimpici e darci l’importanza che vogliamo. E’ questo che muove le istituzioni. E’ questo che muove i singoli. La piramide è rovesciata.

La questione siamo noi

Non solo i sistemi totalitari hanno fatto così. Noi pensiamo così. I genitori pensano così. Difficilmente lo ammettiamo pubblicamente. Chi lo ammette, lo fa per spiazzare, per farsi forte con le parole, fingendo di essere alternativo. Lo fa per intimidire i tentativi degli altri. Per arroganza. Normalmente non lo si ammette, ma si sa che si agisce per quello. Il fascismo, il nazismo, il comunismo, l’americanismo… hanno fatto così. I comitati olimpici fanno così. I governi fanno così. Le società sportive fanno così. Hanno detto l’opposto ma hanno fatto così. E’ l’inconscio che guida e la coscienza  che anestetizza.

La sintesi

Non so se esiste una sintesi. L’esperienza dice che i principi decadono sempre negli opposti. La democrazia diventa populismo, la libertà, anarchia, l’uguaglianza ipocrisia. La coerenza è un miracolo. Chi può dirsi coerente? Nessuna istituzione umana lo è davvero. Normalmente quando si suonano le trombe dell’ideale è segno che lo si sta tradendo sistematicamente. Non mancano gli esempi. Non mancheranno mai.

una strada

Eppure ci vuole una strada buona e la strada buona non può essere che seguire un principio buono. Fare quel meglio che l’uomo nel tempo, interrogandosi, ha saputo in qualche modo definire. L’uomo è strano. E’ una roba difficile. Impossibile starci dietro utilizzando una coerenza oggettiva. Chi ha tentato di farlo ha dovuto mentire. I sistemi più idealisti sono stati quelli che hanno mentito di più. Il problema non è essere o essere stati coerenti, ma continuare a correggere, a inseguire principi buoni e a interrogarci su cosa è davvero bene. Inutile far finta di non sapere come vanno le cose. Le cose sono come sono, ma le scelte individuali fanno la differenza. Tenere su qualcosa, non perdere mai tutto quello che ci era stato dato. E’ un compito arduo, minimalista, poco gratificante. Ma è un compito che fa bene al mondo e a cui non possiamo sottrarci.

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