Onde, armoniche e tecnica
Come già detto l’acqua non è comprimibile ma i nuotatori, dopo le sub, si muovono sulla superficie di separazione tra acqua e aria.
L’aria, al contrario, essendo un aeriforme, può essere compressa (la densità dell’aria è circa 800 volte minore di quella dell’acqua). Pertanto, l’avanzamento del nuotatore provoca un’onda di compressione davanti alla sua testa, dovuta al sollevamento dell’acqua rispetto all’aria. L’onda generata è caratterizzata da una successione di zone di maggior pressione (creste d’onda) e di minor pressione (ventri d’onda), che risponde alla legge del moto armonico: (T=2π √L/g)5 che mette in relazione il periodo e la lunghezza d’onda.
Quest’onda, definita onda regolare o del Weigel ha caratteristiche ben definite:
- Raccogliendo i termini noti, possiamo anche scrivere T=0,8√L
- Tra l’altezza dell’onda e la sua lunghezza esiste la seguente relazione: H=1/15L
- La sua velocità e la sua lunghezza rispondono alla relazione: v=1,248√L
- Ovvero: L=0,643v2
Se la lunghezza del natante è maggiore dell’onda creata l’assetto è dislocante e lo scafo poggia su due o più creste d’onda; viceversa, se lo scafo è più corto, la parte posteriore dell’imbarcazione scivola sull’onda successiva ed essa assume un assetto appoppato. Per questo motivo i nuotatori più alti sono favoriti rispetto a quelli di minore statura. Il nuotatore più lungo incontra una minore resistenza, perché le sue gambe sono sostenute dalla cresta dell’onda successiva. Situazione che gli permette di ridurre la superficie bagnata riducendo l’attrito. Il nuotatore più corto, che non viene sostenuto dall’onda successiva, incontra un muro d’acqua davanti a se e può ridurre questa resistenza, soltanto scavalcando la sua stessa onda (planata).
La velocità media di un buon velocista (circa 2 m/s) non è sufficiente per ottenere questo effetto, però non dobbiamo dimenticare che questa è una velocità media e che nelle fasi più propulsive del ciclo l’atleta raggiunge picchi di 3-3.5 m/s, sufficienti per raggiungere l’effetto planata, mentre in altre fasi si viaggia anche a meno di un metro al secondo. Intendo dire che durante il ciclo di bracciata si alternano fasi di planata e di dislocamento, dovute al susseguirsi di accelerazioni e decelerazioni.
L’andamento ondulatorio del nuotatore dipende, quindi, da questo fenomeno.
Un ulteriore effetto della formazione ondosa è l’interferenza.
Come si evince dalla figura, due onde in composizione di fase (frequenze uguali, con creste e valli coincidenti) si esaltano, in opposizione (stesse frequenze, con le creste dell’una coincidenti con le valli dell’altra) si annullano. E’ ragionevole pensare che un atleta che riesce a sincronizzare le azioni pro-pulsive con l’onda creata, ovvero, che vada alla ricerca degli appoggi, nelle zone di massima pressione sviluppi una efficacia maggiore, di chi non utilizza questa strategia.