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SS Silvia Scapol |   / Notizie  / Varie

Dove va a finire la nostra professionalità?

Riflessioni su un lavoro che si impara... facendolo!

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Si è appena concluso il Convegno per Allenatori di Nuoto organizzato dal SIT della Federazione Italiana Nuoto. Appuntamento fisso per gli addetti ai lavori, anche se quest’anno si è svolto in una modalità diversa causa Covid. Non ci siamo fermati: la fame di sapere e di capire va oltre.

Le riflessioni sono state sicuramente interessanti e gli spunti per discutere e approfondire non sono mancati. Eppure… Mentre ascoltavo il susseguirsi degli interventi, mentre prendevo appunti e mi concentravo su quanto veniva esposto, continuavo a chiedermi: quando potremo mettere in pratica ciò che stiamo apprendendo? Quando potremo allenare la nostra capacità di osservazione e la nostra capacità di analisi? Quando potremo allenarci a fare tutto questo? Tutti abbiamo sperimentato l’euforia che ti dà un corso di aggiornamento o di formazione, e la carica con cui torni a bordo vasca nei giorni successivi. Non è solo l’atleta che si deve allenare, anche l’allenatore deve allenarsi.

Ad eccezione di alcuni, la maggior parte di noi tecnici è ferma. Le società devono ottimizzare le risorse (che sono già poche, se non addirittura inesistenti) e pertanto non possono permettersi il lusso di pagare un certo numero di allenatori come facevano prima. Con i corsi di scuola nuoto sospesi, gli istruttori sono proprio a spasso.

Questo, come molti altri, è un mestiere che si impara facendolo . Certo la teoria è fondamentale, è la base da cui partire. E lo stesso si può dire per l’istruttore. Non si tratta dell’allenamento fisico, altrimenti saremmo atleti. La capacità di rilevare errori e quindi formulare la soluzione per correggerli; saper “leggere” i nostri atleti o i nostri allievi, magari adolescenti, che faticano a darci un feedback verbale e quindi dobbiamo ricavarlo noi; pensare e attuare una procedura per ottenere un determinato risultato, sia esso prestazionale o di apprendimento. Tutto questo la teoria non lo insegna. Servono ore e ore di bordo vasca, anni per apprenderlo. Serve l’esperienza, servono gli errori, perché gli allenatori di errori ne fanno tanti: qualcuno persevera, qualcuno evolve. Ci confrontiamo con atleti e allievi che non sono quelli dei manuali. Noi abbiamo in acqua le persone vere: qualcuno si comporterà da manuale, la maggior parte no.

Durante questo anno nefasto siamo diventati dei draghi della simulazione: abbiamo simulato le gare, abbiamo simulato gli allenamenti, abbiamo simulato anche la ripresa. Ciò che forse è sempre stato reale è l’entusiasmo, quello non era simulato, la speranza, la voglia di ripartire: era tutto vero.

Ma se la nostra professionalità è fatta anche di tanta e tanta pratica, come faremo quando tutto questo finirà? Lo scenario sarà inevitabilmente cambiato, e potrebbe essere che tutta la nostra esperienza non basti più. Potrebbe essere che tutto questo periodo di stop ci abbia atrofizzato. E non troveremo manuali che ci spiegheranno come affrontare il ritorno alla normalità. Credo che necessariamente dovremo fare appello alla nostra flessibilità ed elasticità . Sì, perché noi uomini e donne del bordo vasca queste caratteristiche ce le abbiamo nel DNA. Altrimenti non si resiste, si cede e si rinuncia. E soprattutto credo che mai come ora dovremo fare appello al nostro spirito di squadra , al collaborare tra noi colleghi, a darci una mano. Confrontarsi, aiutarsi, sostenersi a vicenda. Ne avremo bisogno. Ma il sostegno più grande lo troviamo nei valori di questo sport meraviglioso, quelli saranno il nostro faro nella notte, la nostra guida. Ecco perché vi ripropongo un bellissimo video che uscì durante il primo lockdown, e che non si può assolutamente definire vecchio. È attuale, è reale… sostanzialmente è ciò che siamo. Un carissimo amico, durante un corso di formazione FIN citò una frase di Walt Disney che tatuai nel cuore e che rileggo ogni volta che sono in difficoltà: If you can dream it, you can do it .

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