1892: in Scozia il primo campionato nazionale femminile
Nella foto: Surrey Ladies Swimming Club
L’ottocento teneva fuori le donne da tutto il possibile. Anche nel Regno Unito, che era all’avanguardia nel progresso sociale rispetto al resto del mondo. Futili motivi. Retaggi storici. Maschilismo radicato. Patriarcato. Soprattutto il movimento sportivo faceva fatica ad accettarle. Che gareggiassero nel nuoto, era ancora più un problema che in altri sport. Tennis, equitazione o tiro con l’arco, infondo, sembravano più adatti al genere femminile. Ideologicamente si sostenevano due posizioni, oggi impresentabili: la debolezza intrinseca da proteggere (ma non nelle miniere e nelle fabbriche dove le donne lavoravano come e più degli uomini) e la pubblica decenza.
Suffragette
La lotta per il cambiamento cominciò proprio in quel secolo. Primo atto importante fu la proposta di suffragio femminile fatta nel 1865 da John Stuart Mill, uno dei massimi esponenti del liberalismo inglese. In un certo senso questo gesto diede il nome al movimento delle donne, diventate familiari col nomignolo di “suffragette”. Un’associazione ufficiale, però, vide la luce solo nel 1897, quando nacque la National Union of Women's Suffrage Societies, fondata da Millicent Fawcett, una militante che si spese soprattutto perché accedessero all'istruzione superiore. Il movimento cercò di influenzare l’opinione pubblica come poteva. La strada più intelligente sembrò essere quella di fare atti dimostrativi non violenti, come incatenarsi alle ringhiere, incendiare cassette postali, stampigliare “vote for woman” dappertutto o rompere finestre… Finire in carcere era un attimo.
Nuotatrici
Nel tardo periodo vittoriano, però, si aprì un certo spazio alle donne nuotatrici. Folle di persone, infatti, si riunivano per guardare campionesse adolescenti come Agnes Beckwith, Emily Parker e Annie Luker che gareggiavano nel Tamigi o si prodigavano in prove d’abilità nei galà acquatici dei bagni londinesi. Dopo che il capitano Webb aveva attraversato la Manica, infatti, nuotare era diventata una mania e le gare sul Tamigi aveva creato la condizione per qualcosa anche al femminile. Per la prima volta le donne entravano nell'arena dei maschi per competere e guadagnarsi da vivere in pubblico. L’accettazione nel campo del dilettantismo, invece, fu molto più difficile. Solo in Olanda c’era stato qualcosa di diverso. Già nel 1886 nel grande stabilimento di Amsterdam, prima ancora che nascesse una federazione nazionale, infatti, s’era tenuta una competizione ufficiale femminile. Questo grazie al contributo dell’Hollandsche Dames Zwemclub, un club composto da sole donne.
prima gara femminile nel Regno Unito
Nel Regno Unito fu la Scozia a rompere il tabù di un campionato nazionale al femminile. La cosa avvenne nel 1892, quando ancora in Inghilterra le donne erano ammesse contro voglia e in poche gare. La competizione si svolse ai Townheads Baths di Glasgow sulla distanza di 200 yard. Lo stile era libero, ma probabilmente tutte usarono il breastroke, considerato più congeniale al genere, rispetto ad over e trudgen, pensati come manifestazioni di forza maschile. Questo primo titolo scozzese andò a E. Dobbie, di Glasgow, che impiegò quattro minuti e 25 secondi a coprire la distanza.
Campionato ASA
Un campionato ASA in Inghilterra fu allestito solo nove anni dopo e si svolse nei Westminster Baths di Londra. Come distanza di gara furono scelte le 100 yard, che ribadivano il pregiudizio sul limite di fatica per le donne. La prima vincitrice del titolo fu Hilda C. Torp di Leeds, che impiegò 1’30 e 2/5 per giungere al traguardo. Seconda fu la signora E.M. Hilson di Jersey e terza M. Scott di Bacup.
Italia
In Italia un campionato chiamato nazionale riservato alle donne si svolse il 31 Agosto del 1902, neanche tanto dopo quello inglese. Lo organizzò la Rari Nantes della Spezia sui 200 metri con giro di boa. A vincerlo fu la signora Elisa Landucci, naturalmente di La Spezia, che impiegò 8 minuti e 35 secondi a giungere al termine. Bisogna dire che la gara fu molto limitata, a dimostrazione di quanto il movimento femminile italiano fosse ancora molto povero. Tra le sette nuotatrici all’arrivo, infatti, c’erano una Landucci Amedea e una Landucci Vittoria, praticamente una gara in famiglia.
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