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Quando il crawl australiano batté il trudgen

Nella foto: Franck Bourepaire, Cecil Healy e Bill Longworth

Quando arrivò sulla piazza il crawl australiano non ci mise molto a prendere il sopravvento nelle gare a stile libero. Ma non fu la questione di un momento. Tutti lo consideravano troppo faticoso. Qualche tratto per accelerare, una gara corta, ma niente distanze. Questo limite dava forza ai sostenitori del trudgen, che erano molti, ed erano agguerriti. Ci voleva qualcosa di più dell’abilità di Cecil Healy per affermare il crawl anche nel fondo. Ci voleva un evento che lo dimostrasse accessibile. 

Campionati d’Australasia

Furono i campionati continentali d’Australasia del 1911 a far da prova del nove alla questione. Australasia era il nome dei domini inglesi d’oltremare quando c’era l’Impero Britannico: Australia e Nuova Zelanda in un'unica giurisdizione, quindi un bel palcoscenico. I campionati si svolgevano nel mese di gennaio, che in quei posti voleva dire temperatura perfetta. La distanza, i tre quarti di miglio, pari a 1320 iarde, era un’ottima misura per i fondisti. Il luogo, i Domain Bath di Sidney, era una specie di sacrario del nuoto australiano. Infatti si trovava nella baia di Woolloomooloo, nell’insenatura conosciuta come “l’albero di fico”, dove i nativi si erano immersi per generazioni prima che i nuovi arrivati inglesi ci facessero il posto dei loro bagni di mare. Gli ingredienti c’erano tutti perché l’impatto fosse potente. Sarebbe stata epica, anche perché si sfidavano due mondi paralleli. Da una parte c’era il detentore del record del mondo di quella distanza, Cecil Healy, ideatore e propugnatore del crawl a due colpi di piede, lo stile nato nella colonia, dall’altra Franck Bourepaire, il campione indiscusso del trudgen, la nuotata a mani fuori e gambata a forbice, la tecnica più efficace ereditata dalla madrepatriaLa vittoria sarebbe stata un verdetto.

Bourepaire

Francis Josef Edmund Beaurepaire (1891/1956), quello che sarebbe diventato l’imprenditore e il politico di spicco, insignito anche del titolo di baronetto, all’epoca era un giovanotto con una fama da mostro sacro del nuoto australiano. Tutti lo consideravano un maestro. Grazie alla sua tecnica, ammiratissima, aveva vinto un argento e un bronzo alle Olimpiadi di Londra (ne avrebbe conquistate altre 4 nelle edizioni successive) e una caterva di titoli nazionali e continentali in diverse distanze. Ai Campionati del Vittoria nel 1906, ancora quattordicenne, aveva vinto 220 e 440 iarde, in quelli australiani del 1908, 440 e 880 iarde, conquistando anche il posto nella squadra olimpica. A Londra aveva scoperto che nessuno aveva pensato a lui e s’era trovato a campare un mese con le 16 sterline che si era portato da casa. Così, pur di essere competitivo, non avendo soldi per entrare in piscina, s’era allenato negli stagni di Highgate, a 10 gradi di temperatura. Una vera pellaccia. Nella tournee post Olimpiadi, aveva vinto il campionato ASA delle 880 yard, sconfiggendo l’eroe di Londra, Henry Taylor e a casa s’era ancora permesso un record mondiale sui 300 metri. L’anno prima dello scontro fatale aveva conquistato una dozzina di titoli, facendo il record delle 220 iarde. 

Healy

Healy nel 1911 era già una celebrità acclamata. Nel 1904 era stato il più veloce al mondo nelle 100 yard, nuotando 58 secondi. Nel 1905, aveva rifatto quel tempo, ma nelle 110 yard, vincendo il titolo continentale. Nel 1906 era andato ai Giochi del decennale, uno dei cinque per i quali un comitato di benemeriti aveva stanziato dei fondi. Nei cento era arrivato terzo dietro Charles Daniels e Zoltan Halmay, ma solo perché nel viaggio, che era durato mesi, non aveva potuto allenarsi. Girando l’Europa, però, oltre a far vedere il crawl al vecchio mondo, da allenato, aveva vinto un po’ dappertutto: ad Amburgo, in Belgio e anche in Inghilterra, battendo sia Daniels che Halmay. Nel 1908 aveva rivinto le 110 iarde dei campionati australiani, ma non aveva potuto andare a Londra per mancanza di fondi. Negli anni successivi aveva difeso tutti i suoi titoli e si presentava favorito grazie al record mondiale che deteneva. 

La gara

Quel fatidico giorno del 1911, lo scontro tra Healy e Bourepaire aveva richiamato la folla più grande mai vista ai Domain Baths. Tutti aspettavano di vedere chi dei due avrebbe avuto la meglio, quando, nella sorpresa generale, si presentò ai loro occhi tutta un’altra situazione. Un diciannovenne quasi sconosciuto, nuotando lo stile australiano a due colpi di piede, tagliava il traguardo con venti metri di vantaggio sui due campioni. William Longworth, quel giovane nuotatore dell'Eastern Suburbs Club, era sorpreso quanto loro di quanto era accaduto. Non si aspettava di andare così forte. Fino alla gara precedente, infatti, aveva usato il trudgen misto al crawl, come facevano in tanti, con discreti risultati. Ma avendo preso una batosta da Healy, che gli aveva dato quaranta metri proprio in quella gara, aveva deciso di imitarlo usando il suo stile dall’inizio alla fine. La cosa gli era riuscita talmente bene che non solo aveva migliorato di un minuto il suo tempo e aveva battuto il suo idolo, ma gli aveva anche portato via il record del mondo: 17 minuti e 42 secondi, facendo meglio di sette secondi. 

Longworth

William Longworth detto Bill (1892-1969) naturalmente non abbandonò più la nuova tecnica e divenne un nuotatore di primo piano. Dopo il nuoto sarebbe diventato anche un importante uomo d'affari. Nato il 26 settembre 1892 a Singleton, nel Nuovo Galles del Sud, era stata portato al nuoto dalla scuola superiore, la Sydney Grammar School. Dopo l’exploit dei Domain Bath raggiunse il culmine della carriera l’anno dopo vincendo ogni prova del campionato Australiano, dalle 100 iarde al miglio. Era una prodezza riuscita solo a Dick Cavill, 38 anni prima. Nell’occasione stabilì anche i record australiani delle 100 yard (56,8 secondi), dei 100 metri (65 secondi), delle 220 yard (2’27,4) e delle tre miglia (1h18’22,4). Così andò all’Olimpiade, qualificato nei cento e nei millecinque, accreditando il crawl a due colpi come la miglior tecnica per ogni distanza. A Stoccolma, però, una malattia dell’ultimo momento, lo costrinse a ritirarsi, impedendogli quella fama duratura, che le sue imprese avrebbero meritato. 

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