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Gareggiare con sé stessi nella società ipermoderna

Gli esseri umani provano disperatamente a stare al passo con i ritmi vorticosi di sviluppo della società e quello che viene definito il processo di accelerazione subito dalla realtà, ma lo sforzo si rivela sempre più difficoltoso, perché la nostra mente non è in grado di modificarsi e di adattarsi così velocemente come il sistema economico e quello culturale

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Qualche sera fa hanno trasmesso in televisione il docufilm di Raul Bova L’ultima gara con la partecipazione di nuotatori per noi simbolo di vittorie e prestazioni che hanno portato l’immagine del nostro movimento a livelli sempre più alti.

Casualmente nello stesso periodo Michael Phelps prende posizione, difendendola dagli attacchi mediatici, a favore di Naomi Osaka per la decisione di ritirarsi dagli Open di Francia in quanto ha forti problemi legati ad ansia e alla depressione sin dal 2018.

Perché unire questi due momenti che sicuramente sono molto diversi tra loro ...O no?

Nel caso della tennista si mette in risalto un problema ormai da tempo noto, ossia l’incapacità di saper capire e gestire gli aspetti psicologici di atleti di altissimo livello che, bersagliati dalla notorietà estrema, oltre che impegnati ad allenarsi per mantenere il loro livello tecnico, alla fine non riescono più a trovare un momento di tranquillità per decongestionarsi. Nel caso del docufilm di Bova si ripropone di fatto la stessa situazione vissuta da 5 diversi interpreti mettendo in risalto ciò che hanno sempre tenuto dentro di sé.

Come nel mondo del lavoro anche quello sportivo è succube di quegli aspetti che vengono definiti nel termine società ipermoderne , nelle quali tutte le attività accelerano progressivamente implodendo dentro sé stesse e gli esseri umani, così quindi anche gli sportivi, si trovano a dover convivere in una condizione di fatto paradossale dove le persone faticano a comunicare tra loro e dove si vive una sensazione di essere nello stesso tempo nel passato, nel presente e nel futuro che si amalgamano tra di loro diventando progressivamente un tutt’uno.

Questi atteggiamenti, di fatto, portano a forme comportamentali di dipendenza, ossia quella alterazione del nostro comportamento che può diventare una ricerca esagerata e patologica del piacere attraverso modi di fare che possono poi sfociare in una condizione patologica. L'individuo dipendente tende quindi a perdere la capacità di un controllo sull'abitudine, perché i ritmi di vita elevati senza una preparazione adeguata sono incontrollabili fino al punto di esplodere.

E dove non è più possibile elaborare progetti a lungo termine diventa necessario convivere al meglio con ciò che quotidianamente ci si presenta. Bisogna accontentarsi, anche rinunciando alla ricerca della qualità ottimale, verso quella situazione dove ci si accontenta in quanto il mondo dei consumi ci propone una vita sempre più caotica.

Gli esseri umani purtroppo provano disperatamente a stare al passo con questi ritmi vorticosi di sviluppo della società e quello che viene definito il processo di accelerazione subito dalla realtà, ma lo sforzo si rivela sempre più difficoltoso, perché la nostra mente non è in grado di modificarsi e di adattarsi così velocemente come il sistema economico e quello culturale.

Nel docufilm i cinque atleti, tra cui Bova che a sedici anni divenne campione italiano giovanile nei 100 dorso, sono personaggi per noi estremamente famosi: Filippo Magnini, Massimiliano Rosolino, Emiliano Brembilla (nella foto) , e Manuel Bortuzzo, il più giovane. Tutti accomunati dalla voglia di riscattarsi dalle loro paure, dai loro fallimenti e dalle situazioni che la società ha creato per loro, basti pensare a quanto successo a Bortuzzo che trovandosi per casualità nel posto sbagliato al momento sbagliato si è trovato catapultato in una nuova vita.

Sfidando tutte le loro paure, assopite fino a quel momento, i cinque fuoriclasse decidono di mettersi in gioco e si ritrovano coinvolti in un’impresa natatoria determinati a superare sé stessi.

Ognuno di loro, quasi vivendo una sorta di liberazione terapeutica nell’affrontare i loro fantasmi mai detti e mai capiti, ha saputo quindi tirar fuori tutto ciò dichiarandolo senza nascondersi e vivendolo con la sincerità delle emozioni che ne scaturivano. Il nuoto è un serbatoio fantastico di lezioni , confessa Raoul Bova.

È un film sulla rinascita, perché un’altra possibilità è sempre lì, pronta ad accoglierci dietro l’angolo se abbiamo il coraggio e la forza di coglierla. Il mondo del nuoto ha saputo esprimere alla fine un processo di rinascita, consapevolezza e forza, la frase finale del film è la più importante per me, quando l’intervistatore chiede se alla fine hanno fatto il record mondiale Raul Bova risponde guardandolo abbiamo vinto , ossia abbiamo saputo esprimere i nostri valori, sentimenti, gioie e paure senza doverci più nascondere.

Ph. © G.Scala/Deepbluemedia

Sette Colli,Nuoto,Pescara,2010

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