Piscina lenta?

La piscina olimpica è poco profonda, le mancano quei 75-100cm per evitare onde di ritorno dal fondo. Questa la prima valutazione nell’ambiente. Valutazione corroborata dagli esiti cronometri dei 100 rana maschili (e dalla successiva assenza di WR). Vince Martinenghi. Ma il tempo è inguardabile: sopra i 59.00. Lo scorso anno, ai mondiali, si vinceva sotto i 58.00 e già tutti pronosticavano, per Parigi, una sfida anglo-cinese Peaty/Qin sotto i 57.00 e un podio a cavallo tra il 57 alto e il 58 molto basso. Pronostici smentiti a Parigi dalla finale più lenta (e incerta) dai tempi di Barcellona 1992, occasione nella quale il jolly fu pescato dallo statunitense Nelson Diebel. (quanto a incertezza, sia chiaro).

Poi però la situazione cambia, fino ad arrivare allo stratosferico 46.40 di Pan nei 100SL, ma non solo. Molti risultati diventano coerenti con la manifestazione.

E allora? Chi ha ragione.

Come sempre, proviamo ad affidarci ai numeri. O, quantomeno, a una loro parte significativa. Prendiamo in considerazione le quattro gare da cento metri e identifichiamo i seguenti parametri:

1. Tempo necessario per salire sul podio olimpico
2. Terzo crono dell’anno (considerando due atleti per nazione)
3. Terzo all-time al 31/12 dell’anno considerato
4. Tempo necessario per qualificarsi alla finale olimpica
5. Ottavo crono dell’anno (considerando due atleti per nazione)
6. Ottavo all-time al 31/12 dell’anno considerato

Il confronto viene effettuato con gli anni olimpici, a partire dal 1988.

In sostanza, tentiamo di capire quale sia stato il comportamento di atlete e atleti alle olimpiadi, a fronte dei migliori stagionali e all-time di riferimento.

I numeri e le differenze (noiosi, difficili, per addetti ai lavori) saranno riportati alla fine. Qui di seguito abbiamo i grafici, intuitivi e molto chiari per comprendere quanto accaduto a Parigi, rispetto alle precedenti edizioni olimpiche.

In generale, vedremo per tutti (o quasi) l’impatto appiattente di Pechino 2008 e della successiva abolizione dei full-body suite. Vedremo anche che il suddetto divieto ha avuto effetti inferiori in campo femminile. Le donne possono infatti coprire una parte molto più significativa del corpo con lo strumento tecnico rappresentato dal costume da competizione, come avevamo evidenziato in questo post.

Infine, una questione di cui non si è parlato ma che potrebbe avere un certo impatto in alcune gare: l’assenza degli atleti russi, atleti che avrebbero potuto dire la loro, in ordine di potenziale importanza, nel dorso, a stile libero e nella rana.

Attenzione alla “riga nera”. Sia per il 3° che per l’8° posto, e nonostante l’andamento differente di stagionali e all-time 2024, per Parigi notiamo una decisa inversione di tendenza, a supportare la sensazione di lentezza della vasca.

A parte il post Pechino 2008 (come già abbiamo spiegato), non si è riscontrata un’inversione di questa natura, dal 1988. In realtà è successo tra il 2012 e il 2016 (almeno, per il 3° posto), ma è un unico dato in tal senso.

Lo stato di forma di molti atleti potrebbe aver influito (Miressi e gli statunitensi in primis).

Tra le ragazze, a livello apicale, l’effetto “vasca lenta” non si vede. Ma non si vede neppure l’effetto Pechino 2008. In campo femminile si è continuato a migliorare in maniera regolare. Unico campanello d’allarme è rappresentato dal tempo di qualifica alla finale, con un peggioramento confrontabile con quello tra Barcellona 1992 e Atlanta 1996. Atlanta, logisticamente, fu un disastro: vasca datata e lenta, con una tettoia completa ma con apertura parziale sull’esterno, in un ambiente insopportabilmente caldo-umido.

Qui la differenza è evidente tra 3° e 8° posto. Il podio e lo stagionale 2024 sono coerentemente più alti rispetto al 2021. Gli altri tempi – quelli di qualifica alla finale – seguono coerentemente una loro linea di miglioramento. Chiariamo subito: le prestazioni di vertice hanno un significato relativo. A Tokyo c’erano due russi sul podio (Rylov 51,98 e Kolesnikov 52,00). Pertanto, non possiamo considerare questa valutazione come statisticamente significativa.

Questa gara fotografa una sorta di stasi rispetto al 2021. L’inversione di tendenza decisa si ha solo nel tempo necessario ad agguantare la finale. Per il resto, i grafici sono piatti, stagionali e all-time compresi. Con queste premesse, il crono in controtendenza potrebbe essere meno significativo nel determinare la lentezza della vasca olimpica. 

E arriviamo al dunque. I tempi dicono di un peggioramento evidente rispetto al 2021, su tutta la linea. Ma non solo a Parigi. Il peggioramento è coerente con quello stagionale. Quindi, per capirci, è tutto il 2024 che i ranisti non sono brillanti. Trials, mondiali di Doha, gare di qualificazione olimpica sparse ovunque nel tempo e nello spazio, eppure i ranisti sono andati decisamente più piano rispetto al 2021. Certo, le curve nere (tempi di Parigi) hanno letteralmente subito un’inversione di comportamento rispetto al passato. Ma non scordiamoci della curva rossa. Che sia il 2024 a essere lento? 

In campo femminile le risultanze sono meno evidenti rispetto al campo maschile, ma il ragionamento non si discosta di molto. In particolare, è qualche anno che la rana femminile di vertice è in frenata. La vittoria al mondiale 2022 di Pilato ne è un sintomo (cronometrico: 1.05,93). La realtà è, che al vertice, siamo fermi al 2016, mentre nel livello medio c’è un continuo ma minimo miglioramento, che porta allo schiacciamento dell’all-time.

Poco da osservare qui. Miglioramento continuo dal 1992, frenata di Pechino a parte. Aggiungiamo che i protagonisti sono cambiati rispetto al 2021, ma il riscontro cronometrico non ne ha risentito. Il rallentamento 1988-1992 è fotografato da ritiri o peggioramenti: Nesty, Biondi, Jameson, Gross, Sieben.

Situazioni contrastanti in campo femminile. Per il podio la regressione è evidente. Altrettanto evidente è il peggioramento stagionale. Inutile dire che la causa è Parigi. Addirittura, per la finale olimpica, il crono è andato in miglioramento, nonostante il riscontro stagionale deficitario.

Nel passato le frenate furono due: 1996 rispetto al 1992 e 2004 rispetto al 2000. Per il primo, le ragioni sono note: il doping cinese stroncato tra il 1994 e il 1995. Per la seconda, si tratta probabilmente di conseguenza del ritiro (o del peggioramento) di alcune delle atlete più forti del decennio precedente (Susan O’Neill e Inge De Bruijn, ad esempio).

In fondo i numeri, con i quali non voglio tediare nessuno.

Le conclusioni non possono essere definitive. Molte gare sono “andate male” ma i relativi ranking stagionali non lasciavano presagire nulla di differente. Le percentuali riportate qui sotto ci raccontano di gare che, oramai da parecchi appuntamenti olimpici, registrano peggioramenti rispetto all’all-time, ma anche rispetto agli stagionali. Pertanto, queste valutazioni non possono essere definitive in nessun senso.

Possiamo solo fornire sensazioni. A rana sono andate/i tutte/i piano. forse la vasca poco profonda, forse una conseguenza del “mood” stagionale. Vedremo. Certo è che l’olimpiade è un caso a parte, anche rispetto ai mondiali.

A tal proposito, mi piace ricordare due podi, a testimoniare la situazione che si può creare in un’Olimpiade.

1. Barcellona 1992: oro alla bimba giapponese
   1. Kyoko Iwasaki (JPN) 2.26,65 – 14 anni
   2. Lin li (CHN) 2.26,85
   3. Anita Nall (USA) 2.26,88
2. Rio 2016: 100SL con “podio pazzo”
   1. Kyle Chalmers (AUS) 47,58 – 18 anni
   2. Pieter Timmers (BEL) 47,80 – 28 anni
   3. Nathan Adrian (USA) 47,85 – 27 anni
   4. Santo Condorelli (CAN) 47,88 – poi Italia nel 2021, medaglia con la 4x100SL