Filippo Magnini al TAS: il punto della situazione
Un riepilogo a margine dell'udienza del 4 novembre a Losanna
In attesa che il prossimo 15 novembre a Montreux si celebri il processo con udienza pubblica nei confronti di Sun Yang in questi giorni, a 30 km di distanza, il TAS (Tribunale Arbitrale Sportivo, massimo organo giurisdizionale a cui vengono affidate le controversie giuridiche e regolamentari in materia di sport) si trova a discutere su un caso che coinvolge un altro nuotatore: la squalifica di quattro anni per doping di Filippo Magnini.
Il pluricampione italiano ha infatti presentato ricorso al TAS avverso la sentenza pronunciata dalla II sezione del Tribunale Nazionale Antidoping il 14 maggio scorso, che confermava la sentenza di primo grado infliggendo la squalifica di quattro anni al nuotatore.
In attesa della decisione, sulla cui pubblicità saranno le parti a decidere, è bene ripercorrere le tappe di questa vicenda che ha visti coinvolti anche altri tesserati come Michele Santucci e il dottor Guido Porcellini, preparatore atletico e medico nutrizionista dei due atleti.
Nell’ ottobre 2017 la Procura Nazionale Antidoping (NADO), organo che ha la responsabilità esclusiva in materia di adozione ed applicazione delle norme in conformità al Codice Mondiale Antidoping (Codice WADA), aveva aperto un fascicolo nei confronti degli atleti Filippo Magnini e Michele Santucci in seguito alle indagini condotte sul dottor Guido Porcellini. Quest’ultimo, già condannato in primo grado nel 2015 per concorso in spaccio di sostanze stupefacenti, ne veniva nuovamente coinvolto due anni più tardi e, nell’ambito delle perquisizioni svolte dal Nucleo Anti Sofisticazioni dei Carabinieri presso il suo studio, si rinveniva il collegamento con alcuni atleti suoi assistiti, tra cui i due nuotatori in questione.
Vennero trovate fiale che contenevano “l’ormone della crescita” (sostanza proibita in Italia) che il medico dietista avrebbe fatto arrivare dall’estero. Nell’inchiesta, che ha messo sotto accusa anche un dirigente del Pesaro Rugby, Antonio Maria De Grandis, Magnini era il presunto destinatario di quelle fialette, ma non c’era nessuna prova che egli le avesse ricevute e utilizzate. Secondo le due pm, Monica Garulli e Valeria Cigliola, poi, erano destinate a lui anche fiale di pralmorelina (sostanza procurata per l’atleta che si stava preparando per le gare olimpiche nell’anno 2016). Quelle fiale arrivate dalla Cina, secondo quanto venne accertato, vennero consegnate a Porcellini da persona non identificata, in data prossima e anteriore al 6 giugno 2016.
La sentenza penale di primo grado a carico di Porcellini del luglio 2019 parlerà di “Ricettazione di sostanze dopanti e importazione di sostanze proibite.” Accuse per le quali il Tribunale di Pesaro condannerà l’ex medico e nutrizionista di Filippo Magnini a un anno e sei mesi di reclusione, senza sospensione della pena; al coimputato Antonio Maria De Grandis, infliggerà un anno e cinque mesi di carcere, con pena sospesa. Porcellini, in ambito penale risponderà anche di falsità ideologica per alcune prescrizioni mediche, ma verrà assolto dall’accusa di commercio di sostanze dopanti, poiché dimostrerà come gli acquisti di prodotti vietati fossero avvenuti per uso personale. Diversamente da quanto sostenuto dall’accusa, che inizialmente aveva chiesto la condanna a un anno e undici mesi, il giudice De Luca riterrà che l’imputato non avesse cercato di vendere prodotti dopanti a Magnini o che ciò non fosse stato adeguatamente provato.
In seguito all’esclusione di coinvolgimenti diretti nelle violazioni contestate a Porcellini in ambito penale, le indagini, per i due atleti, seguivano per ciò che riguarda la giurisdizione sportiva antidoping. I nuotatori, pertanto, venivano iscritti nel registro degli indagati per la violazione degli art 2.2 (uso o tentato uso di una sostanza vietata o di un metodo proibito da parte di un atleta) e dell’art 2.9 (favoreggiamento in riferimento a una qualsiasi violazione o tentata violazione delle norme) del Codice WADA.
Il Procuratore Capo della Procura Antidoping (Nado Italia), Pierfilippo Laviani, nel luglio 2018 chiedeva la condanna a trenta anni di inibizione per Porcellini, otto anni di deferimento per l'atleta Filippo Magnini e quattro anni di deferimento per l'atleta Michele Santucci.
Alle violazioni del codice WADA contestate, si aggiungeva, per Magnini, la somministrazione (o la tentata somministrazione) di sostanza vietata. E questo fatto aggravava la posizione dell’ex capitano della nazionale di nuoto. La decisione finale del Tribunale Nazionale Antidoping Sezione I condannava entrambi gli atleti a una sospensione di quattro anni ciascuno.
Entrambi i nuotatori proponevano appello contro questa decisione e, il Tribunale Nazionale Antidoping Sezione II confermava la sentenza di primo grado a carico di Magnini e assolveva con formula piena l’altro imputato Michele Santucci perché, dice il TNA nella motivazione, “è evidente che l’atleta abbia desistito dal tentativo”.
Il mese scorso, al Festival dello Sport di Trento, Filippo Magnini ha presentato il progetto “L’ultima gara” insieme all’attore Raoul Bova, ai suoi ex compagni di nuoto Massimiliano Rosolino, Emiliano Brembilla e al ventenne nuotatore paralimpico Manuel Bortuzzo e ha ricordato l’importanza di essere campioni “Doping-free”, parlando del rispetto, della lealtà e della correttezza come valori assoluti dello sport. L’atleta è infatti impegnato attivamente nella campagna “I AM DOPING FREE” dal 2015 e sono questi giorni importanti non tanto per la sua carriera, (si è ritirato ufficialmente dalle competizioni nel Dicembre 2017) ma soprattutto per l’attività di sensibilizzazione e la lotta al doping nella pratica sportiva che sta conducendo da anni.
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