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La ‘promessa’ mantenuta 

Chiusura di tutti gli impianti natatori e conseguente blocco di tutta l’attività sportiva che non sia di livello nazionale. 

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Lunedì 26 ottobre: è accaduto.

Chiusura di tutti gli impianti natatori e conseguente blocco di tutta l’attività sportiva che non sia di livello nazionale.

I commenti a caldo e le critiche immediate di operatori e utenti, lasciano il posto a qualche (mera!) riflessione, per riordinare le idee e fare il punto sulla situazione attuale.

Si è detto, si è letto, si è sentito e si vedrà.

A distanza di una settimana dalla esplicita promessa del Premier, sorge spontaneo chiedersi innanzitutto se sia possibile conoscere i dati. Il Comitato Tecnico Scientifico aggiorna sistematicamente le curve sugli sviluppi del contagio, sulle condizioni dei soggetti che contraggono il virus, sulle zone geografiche, e fornisce indicazioni al Governo per le determinazioni da assumere.

Quindi, al fine di disporre la chiusura praticamente totale degli impianti, quali sono i dati elaborati dall’Esecutivo che hanno portato a tale scelta?

Come la frequentazione delle piscine ha inciso sul contagio? Non si tratta di fare la caccia alle streghe, tutt’altro: si tratta di capire, con fiduciosa certezza che il Governo abbia deciso con i dati alla mano. Anche perché i controlli sono stati molti e accurati durante la famosa  settimana promessa, ma i riscontri, per quanto consta, non sono noti.

Sarebbe da sollecitare un’interpellanza parlamentare per venirne a capo, per capire dettati normativi che di parlamentare, oramai, non hanno nemmeno il nome.

Si è detto, si è letto, si è sentito e si vedrà (forse).

Le certezze, invece, sono tutte dei sodalizi sportivi e dei gestori per quanto riguarda il passato.

Sulle spese affrontate per sanificare e attrezzate gli impianti e per continuare a mantenere gli standard richiesti, è stato detto tutto in ogni dove.

Da rilevarsi ulteriormente:

  • la questione locazioni, rimane aperta anzi aggravata perché intanto si è accumulato l’arretrato dei mesi primaverili. Certo che, laddove la maggior parte degli impianti - anche con grandi strutture e che ospitano società importanti a livello nazionale - sono di proprietà dei Comuni, potrebbe anche pensarsi ad un sostegno indiretto da parte del Governo per il sostegno al canone di locazione;
  • il procrastinare all’autunno (cioè ora!) le scadenze fiscali primaverili ha solo spostato in avanti il momento per ottemperare alle incombenze di pagamento, nonostante la carenza di liquidità;
  • infatti, si consideri che le difficoltà del pregresso lockdown si sono ripercosse anche nel rapporto con l’utenza, che, pur avendo iniziato a frequentare nuovamente le piscine (in numeri ridotti rispetto al passato), ha spesso fruito del pregresso credito non utilizzato nell’anno sociale precedente ovvero ha goduto di buoni regionali a sostegno dello sport che saranno corrisposti alle società in un prossimo futuro: ciò al netto di eventuali restituzioni di somme ove gli accordi con i clienti abbiano assunto tali forme.

Di fatto, e a prescindere da tutte le prospettazioni giuridiche dei mesi scorsi, dalla impossibilità della prestazione alla eccessiva onerosità sopravvenuta per factum principis per la chiusura coattiva delle strutture, che impediva il normale svolgersi del rapporto contrattuale con i locatori da un lato, con i clienti dall’altro, ad oggi la situazione vede riportate sulle poste di bilancio ingenti spese per l’adeguamento degli impianti agli standard richiesti, a cui corrispondono esigue entrate a causa delle ripetute chiusure forzate.

Né soccorrono i bonus dell’INPS per gli operatori del settore, poiché tale sostegno economico non solleva certo i gestori dai menzionati enormi impegni di spesa.

Dobbiamo confidare nelle rassicurazioni telefoniche del Primo Ministro al Presidente della FIN per come rese pubbliche ?

Si è detto, si è letto, si è sentito e si vedrà.

Da ultimo, ma non in ordine di importanza, una considerazione sul valore che nella nostra tradizione culturale viene assegnato allo sport, quale attività importante per ogni età e quale strumento educativo fondamentale per i piccoli e i giovani.

Quasi nullo.

Talmente evidente che rilevarlo da parte di chi non si occupa precipuamente di educazione apparirebbe fuori luogo.

L’importanza dello sport viene fatta presente quando ci sono questioni che attengono alla salute e allora si invoca la Costituzione, si pensi al mondo del doping, o quando deve optarsi per comprendere in che termini riformare la struttura degli organi e delle loro competenze in materia di sport, nei limiti e oltre le deleghe parlamentari (vedi da ultimo la L. 86/2019). Senza ovviamente menzionare gli interventi legislativi ad hoc che periodicamente interessano il calcio: ben venga la possibilità di salvare la realtà, sportiva e non, del calcio che comunque, in concreto, tiene in vita e alimenta lo sport nazionale.

Tuttavia, estendendo (e non limitando!) lo sguardo allo sport dilettantistico, all’attività di base, all’attività motoria dei più piccoli, quale panorama si scorge in piena pandemia?

Quello di un settore che viene costantemente ridotto all’angolo e penalizzato nonostante i mille sforzi e le mille cautele degli operatori, nei canoni e nel contesto dell’attività governativa dell’Ufficio per lo Sport: su questo e sulla disparità di trattamento si è già detto in precedenza, non ci si ripete.

Per il resto, si è detto, si è letto, si è sentito e si vedrà.

Per ora, mi sia consentita una condivisione personale, l’unica cosa che ho visto è stata lo sguardo di mio figlio, 15 anni di cui 10 in acqua, quando ho preso il suo costume pulito e, invece di metterlo nella borsa, l’ho riposto nel cassetto.

Articolo a firma di:

Cristina Varano – Avvocato del Foro di Roma; esperto di giustizia sportiva; Procuratore Federale FIJLKAM/FIPE; Procuratore Aggiunto FISE

Foto © cherylholt Pixabay

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