Mentre arrivano gli echi accaldati e preoccupati, confusi tra chili di moduli e innumerevoli app, da Tokyo, qui, nel bel paese, si cerca di disciplinare la ripartenza. O meglio di evitare l’ennesimo stop: non a caso si parla di green pass.
Lo vediamo un po’ meno frequentemente, ma ormai siamo abituati al logo della Presidenza del Consiglio dei Ministri quasi come il logo della MGM (Metro-Goldwyn-Mayer per i più giovani) dei colossal americani, solo che invece che un leone che ruggisce, viene fuori Draghi, il presidente Draghi, che sciorina le novità con fare pacato e voce ferma.
La veste giuridica è cambiata, l’urgenza governativa, dopo la parentesi dei DPCM, è rientrata nei ranghi costituzionali del decreto legge, il contenuto muta di volta in volta, a seconda delle emergenze in atto. Tra le quali, adesso, compare - tra le prime parole delle notizie diffuse - anche il termine ‘piscine’.
Si era già parlato nei mesi scorsi di pesi e misure diversi per attività commerciali e strutture sportive, delle richieste di sforzi pesantissimi ai gestori di impianti natatori finalizzati a illusorie riaperture e anche della assoluta mancata di menzione delle piscine tra le linee guida del Dipartimento dello sport per la ripartenza, in una sorta di ‘dimenticanza selettiva’, come direbbero i forbiti. Oggi invece a patire delle mancate riaperture sono le discoteche.
Nulla contro i locali dove si balla, giammai! Solo una riflessione sulla diversa considerazione e sul relativo ‘valore’ dato alle differenti attività.
Tenere chiuse le discoteche in estate in Italia è inconcepibile, tuttavia l’esperienza sarda dello scorso anno qualcosa ha insegnato (forse!).
Ad ogni buon conto, immediata la rassicurazione che saranno garantiti i ristori, come riferisce lo stesso premier. Benissimo.
Quando si taceva sulle piscine si taceva anche sui ristori: ‘distrazione selettiva’, direbbero i soliti ben educati.
Che dire? Che l’impatto delle chiusure delle piscine è andato, va e andrà ben oltre la stagione di incassi mancata, ripercuotendosi sulla stessa sopravvivenza dei sodalizi sportivi, sulle esternalità positive legate all’indotto, sull’impatto nei confronti dei piccoli e dei giovani che hanno dovuto smettere, sulle mancata possibilità di coltivare il vivaio per il futuro.
Già detto anche questo.
Non resta che affidarsi agli dei di Tokyo, sperando che la fiamma olimpica possa far ardere di passione i cuori dei ragazzi e diventi motore di ripresa per tutto il movimento sportivo.
Articolo a cura di:
Cristina Varano – Avvocato del Foro di Roma; esperto di giustizia sportiva; Procuratore Federale FIJLKAM/FIPE
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