Disciplina liquida
Appunti da Gwangju di Franco Del Campo
Franco Del Campo è uomo di nuoto con la U, la N e tutte le altre lettere maiuscole. Pluricampione italiano, atleta olimpico a Città del Messico 1968, allenatore, professore di filosofia, scrittore, attualmente direttore del Centro federale di Trieste. Ci ha regalato le sue riflessioni sui recenti Mondiali coreani.
Cosa ci hanno insegnato i Mondiali di nuoto, appena conclusi nella lontana Corea del Sud? Ci hanno regalato grandi emozioni e l’orgoglio di essere italiani, senza “sovranismi”, perché lo sport è cosmopolita per definizione e gli italiani, per essere davvero “primi”, o secondi o terzi o “solo” in finale, devono fare tanta fatica, con impegno, duro lavoro di squadra e una avanzata programmazione tecnica e scientifica, nella condivisione delle regole e nel rispetto degli avversari. Perché gli avversari siamo “noi” e sono la nostra “misura” per migliorarci.
C’è tanta etica nello sport e, in particolare, nel nuoto, declinato in tutte le sue discipline. È un’etica sobria e concreta, fatta di esempi, abitudini, comportamenti consapevoli. E’ un’etica aristocratica e democratica, perché premia i migliori, ma consente a tutti, senza discriminazione di censo, etnia, religione, di partecipare, per vincere o perdere e riprovarci la volta dopo. Questi mondiali di nuoto ci hanno insegnato bellezza, etica ed estetica. La “divina” Federica Pellegrini –ancora una volta- ha affascinato tutti perché, sulla soglia dei trentun anni, si diverte, nuota e vince, con quella sua bracciata forte e progressiva, che recupera ritardi incolmabili.
Ma, tra tante medaglie azzurre, il paradigma del nuoto italiano, e forse di un’Italia possibile, è un altro. Il nostro modello di riferimento può essere Benedetta Pilato, argento nei 50 rana. Quattordici anni, liceo scientifico a Taranto, media dell'otto, prima la scuola, i compiti e poi, alla sera, il nuoto, nella piscina da 25 metri del suo paese, con mamma e papà che –come tanti- l’accompagnano su e giù per gli allenamenti. Una normalità “antica” e preziosa, che sembra alla portata di tutti, lontana anni luce dai clamori dello sport show business. Poi, naturalmente, dietro a ogni risultato mondiale, ci vuole anche talento, da coltivare, con lavoro, fatica impegno, con bravi maestri, che ti seguono su e giù, vasca dopo vasca, controllano i tempi, consigliano, aiutano e correggono i difetti per migliorare lo stile. E non ci sono favori o raccomandazioni che tengano.
Una medaglia o “solo” una finale olimpica o mondiale, sono senza prezzo, però ci sono anche dei premi, quasi ridicoli rispetto alle cifre del “calcio mercato”, a colpi di decine di milioni di euro. Un oro olimpico o mondiale, secondo le tariffe della FINA, “vale” 18.000 euro. Naturalmente chi entra nel circuito pubblicitario, come la “divina”, raccoglie tanti altri “premi” dagli sponsor, ma questo vale solo per pochissimi “rari nantes”. Qualche giorno fa il Parlamento ha applaudito l’onorevole Paolo Barelli, presidente della Federazione Italiana Nuoto, ma la politica dovrebbe ricordarsi che un euro investito nello sport -e nella scuola- viene moltiplicato per mille come “buona educazione” per i nostri giovani. Anche questo, oltre le emozioni e l’orgoglio di essere italiani, ci hanno insegnato questi Mondiali di nuoto, da non dimenticare.
Ph. ©Franco Del Campo
ENTRA NEL NOSTRO CANALE TELEGRAM PER AVERE COSTANTI AGGIORNAMENTI
UNISCITINON PERDERTI NESSUNA NOTIZIA SUL NUOTO ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWSLETTER