L’Olimpiade, forse, è ancora un momento sacro della nostra vita.
Nell’antichità classica segnava il tempo di tutte le
poleis
greche, poi, dopo la conquista di Roma, è diventato un rito universale, abolito nel 393 d.C. dall’imperatore
Teodosio
, quando il cristianesimo diventa religione di stato e pretende la chiusura di questo rito troppo pagano.
I Giochi olimpici riemergono nel 1896, ad Atene, grazie al barone
Pierre de Coubertin
, che ne rilancia lo spirito cosmopolita, ma rigorosamente senza donne e senza “lavoratori”, considerati professionisti.
Adesso i Giochi olimpici sono diventati il più grande spettacolo del mondo, ma sono soprattutto uno scrigno prezioso di valori, di fatica e di speranze.
A causa della pandemia, l’Olimpiade di Tokyo è stata spostata dal fatidico 2020 al 2021, ma l’effettiva realizzazione è ancora a rischio, appesa ai vaccini, a una pandemia ancora virulenta e ai costi mostruosi per una “bolla” che dovrebbe proteggere tutti i partecipanti.
Ma non basta.
C’è anche il rischio che l’Italia debba sfilare senza bandiera tricolore e senza inno quando i nostri atleti vinceranno una medaglia d’oro, il massimo alloro dello sport.
In questo caso, però, non è colpa dell’ira degli dei o di una pandemia che si fa fatica a domare, ma di una politica piccola piccola, che vuole riformare lo sport italiano, conoscendolo poco e male.
Tutto nasce durante il primo governo di
Giuseppe Conte
, frutto dell’alleanza tra M5S e Lega, quando il sottosegretario
Giancarlo Giorgetti
(Lega), con delega sullo sport, inventa una nuova società, Sport e Salute, che amministrerà i soldi dello stato per lo sport, mentre il Coni dovrà occuparsi solo dei Giochi olimpici, o quasi.
Il Comitato olimpico internazionale (CIO), fortemente sollecitato dal presidente del CONI
Giovanni Malagò,
dopo un primo momento di baci ed abbracci politicamente corretti, ha minacciato di non far sfilare l’Italia con la sua bandiera ed inno, perché è stata intaccata la storica autonomia ed indipendenza del CONI.
L’Italia senza inno e bandiera, quindi, come la Russia, sprofondata nello scandalo doping, o la Bielorussia.
L’attuale ministro per lo sport,
Vincenzo Spadafora
(M5S), ha promesso più volte che avrebbe risolto tutto, ma tra poche ore (27 gennaio 2021) scade l’ultimatum del CIO e l’Italia rischia di restare senza identità nello sport olimpico.
Forse, come nei thriller, tutto si risolverà all’ultimo secondo.
Lo speriamo vivamente, perché non si può giocare in questo modo con la vita, la fatica e le speranze di migliaia di atleti che sacrificano tutto al sogno olimpico.
Lo speriamo, ma sicuramente lo sport -che significa fatica, impegno, valori, sacrifici, educazione civica per i giovani- meriterebbe più attenzione e competenza.