Il problema degli Esordienti B
Ogni stagione inizia con l’incontro allenatori-genitori, dove i primi ci illustrano che fino al termine della pubertà saranno anni di transizione, di concentrazione sulla tecnica, con le gare che saranno un mezzo di crescita e non il fine della stessa, il tutto con l’obiettivo di ottenere risultati più avanti negli anni e non nell’immediato; concetti triti e ritriti che oramai noi genitori conosciamo a menadito, dopotutto è sempre la solita solfa, per chi ci hanno preso?
Però poi iniziano le gare.
Durante le gare di nuoto le pulsazioni possono raggiungere i 180bpm. E pensa per gli atleti!
In una società che ha il vizio costante di valutare la qualità del lavoro con riscontri quantificabili (“Quanto vendi? Quanto ti pagano? Quanto lavori? Quanto sei bello?”) riuscire a non farsi un’opinione più o meno cosciente del nuoto dei nostri ragazzi dai tempi che vediamo in gara è difficilissimo.
Durante il preagonismo, infatti, i miglioramenti costanti nei tempi dei bambini ci rassicuravano. Non lo avevamo capito, ma l’assenza di alti e bassi rendeva facile la gestione dei nostri sentimenti, ci permetteva di governare il mostro del “giudizio” che alberga in noi. E malgrado ciò, urlavamo lo stesso come pazzi invasati.
In pochi mesi di Esordienti B, le urla restano, ma quell’unica sicurezza che avevamo svanisce. I ragazzi perdono costanza, migliorano prevalentemente in un solo stile (spesso farfalla o rana) e la paura che il nostro giocattolo preferito e fabbricato in casa si sia rotto ci assale, così, nei secondi immediatamente successivi al tocco della parete, cerchiamo di dare le più disparate spiegazioni a quanto abbiamo assistito, nell’ordine:
- l’ho fatto mangiare troppo
- ha dormito poco
- ultimamente si è allenato male
- non è un velocista
- non è un fondista
- non è proprio un nuotatore
- è colpa dell’organizzazione dell’evento
- è colpa della società
- è colpa dell’allenatore (ta-daaan! Tuono in lontananza ).
Eh infatti, è lui il responsabile, il respira-cloro a tradimento, quello che a inizio anno ci aveva furbescamente spiegato che:
- saranno anni di transizione
- di lavoro sulla tecnica (che i ragazzi stiano migliorando negli stili più tecnici come farfalla e rana deve essere una coincidenza)
- le gare saranno un mezzo di crescita e non il fine
- l’obiettivo è ottenere risultati più avanti negli anni e non nell’immediato.
E quindi? Restiamo con un palmo di naso? Siamo scossi, urtati, confusi e scossi (l'ho già detto, ma è perché lo siamo davvero tanto!)
Come ci possiamo difendere da questo vortice emotivo? Davvero non abbiamo modo di valutare come stanno lavorando i nostri figli in vasca?
Mentre ci scervelliamo le ore passano, il weekend si conclude e siamo di nuovo a lunedì. I nostri ragazzi escono da scuola non vedendo l’ora di raggiungere nuovamente la piscina per tuffarsi, allenarsi e combinare qualche casino negli spogliatoi.
Mi sa che stanno lavorando bene.
Ph. © T.Jensen@Unsplash
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