Normali si diventa
Molto si dice e scrive sulla psicologia degli atleti durante il lockdown, ma chi pensa ai genitori?
I ricordi della normalità risalgono ormai allo scorso anno. Le ultime gite, le feste, le sudate in palestra, le gare dei nostri ragazzi in stadi del nuoto stracolmi, i colleghi che si presentavano in ufficio con la febbre e passavano da eroi.
Un anno e probabilmente ne servirà un altro. Più il tempo passa, più sentiamo come la “vecchia” normalità ci stia sfuggendo di mano, si stia opacizzando nei nostri ricordi. Sempre che sia ancora quella, la normalità.
"Papà, con queste fasce gialle arancioni e rosse non si capisce niente, ma quando torniamo alla normalità?""Hai ragione figliolo, manca tanto anche a me il lockdown"
Per i nostri bambini, due anni di mascherine e distanziamento sono molto più impattanti sul loro ricordo della normalità rispetto a quello che abbiamo noi adulti. Basti pensare che alcuni dei nostri figli non sono mai andati alle elementari senza mascherina, non hanno mai visto la metà inferiore del volto del loro nuovo allenatore o non hanno mai potuto ammirare la gente che salta la fila dal fornaio.
Se accettiamo che la loro normalità sia questa, risolviamo la nostra prima grande angoscia in tempi di pandemia: come fargli sentire il meno possibile la mancanza della precedente normalità. È proprio accettando quella presente senza provare a eluderla in tutti i modi che possiamo dimostrargli di essere sereni malgrado le oggettive difficoltà.
Pensateci, i nostri ragazzi sono molto più elastici e portati ad accettare il cambiamento rispetto a noi, altrimenti non potrebbero mai riuscire ad ascoltare un disco di Rovazzi.
Stabilito questo presupposto, possiamo dedicargli ogni energia con gli strumenti che abbiamo a disposizione, ricordandoci che sono nuotatori: metodici, amano la ripetizione, la routine e l’autonomia, nulla li rende più felici.
Ad esempio in autunno, alla riapertura delle piscine per i preagonisti, di fronte alle restrizioni all’accesso negli spogliatoi le preoccupazioni di noi genitori si concentravano su un unico aspetto: “Senza di me, come farà mio figlio ad asciugarsi i capelli? E ad allacciarsi le scarpe? E a infilare i calzini? E soprattutto, saprà farlo nel giusto ordine?”.
All’inizio non è stato facile né per loro né per noi, ma una volta accettato che per cuffie, ciabatte e occhialini non c’era speranza di un costante ritorno a casa, abbiamo uniformemente constatato quanto per i nostri ragazzi sia diventata totale normalità la preparazione nello spogliatoio.
La loro crescita in termini di autonomia e autostima ci ha sorpreso al punto da farci sorgere il dubbio che possano imparare anche a guidare la macchina con un paio di lezioni (attività che vi sconsiglio, non tanto per l’illegalità, ma perché probabilmente a quel punto ci farebbero sentire davvero inutili, dannati marmocchi).
L’esempio e l’aiuto che ci sta dando il nuoto sono alleati preziosi che dobbiamo prendere come riferimento per la vita dei nostri figli fuori dalla vasca, dove in questo periodo persino la scuola non riesce a essere costante tra lezioni sospese, DAD e isolamenti repentini.
La routine contribuisce alla spensieratezza, mentre l’autonomia alla consapevolezza dei propri mezzi, due ingredienti fondamentali della serenità dei nostri piccoli nuotatori.
E se sono sereni loro, per noi genitori non c’è Covid-19 che tenga.
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