Quelli che il calcio
L'eterno dilemma
Non importa quanto vostro figlio sia preso dal nuoto, quanto vinca e quanto siate convinti che ormai abbia la Nazionale in tasca, e non importa nemmeno se ha i famigerati “piedi a banana”: prima o poi vi chiederà di poter giocare a calcio.
E se avete l’impressione che stia inconsciamente cedendo ai gusti della massa, beh, probabilmente avete ragione.
I bambini dovrebbero scegliere lo sport da praticare usando la testa. E alla testa piace un sacco diventare un calciatore miliardario col mondo intero che lo idolatra.
Notare bene: come conseguenza di un’esperienza diretta, questo post parla prevalentemente di calcio, ma l’attrattiva che hanno i bambini per il pallone è paragonabile a quella che hanno le bambine per la danza o la ginnastica artistica e ne conseguono problematiche molto simili per i genitori. E sì, parliamo banalmente di maschietti nel calcio e femminucce nella danza perché se davvero avete un bambino che vuole praticare danza o viceversa una bambina che vuole darsi al calcio andando contro a tutti gli stereotipi culturali che li circondano, assecondateli e non rompete.
Il calcio è oggettivamente uno sport divertente da giocare, fanciullesco, istintivo, dove bastano due felpe a fare da porta e una palla per scatenarsi ore e ore all’aria aperta, ma a pesare moltissimo sulla sua preferenza nelle scelte dei ragazzi è l’impatto culturale che ha nella nazione in cui viviamo (infatti negli USA si dedicano ad altro e non solo perché sono schiappe).
Il calcio è lo sport delle continue trasmissioni TV, di radio e quotidiani dedicati, del rito della partita nel weekend con parenti e amici che si sbracciano coinvolti da sentimenti forti da cui è impossibile non rimanere perlomeno incuriositi. I nostri bambini crescono in mezzo a tutto ciò eppure, dopo qualche anno in cui le domande più frequenti a loro rivolte sono “quanti anni hai?”, “il coccodrillo come fa?” e “per quale squadra tifi?”, si ritrovano improvvisamente a mollo in una vasca.
Spesso l’idea di noi genitori è insegnargli a nuotare per poi lasciargli scegliere liberamente quale sport praticare (il calcio), poi ci si rende conto che l’ambiente del nuoto è positivo, che è uno sport che fa bene al fisico, con una competizione sana, che insegna a essere responsabili dei propri risultati e a conoscere sé stessi senza incolpare altri per i propri insuccessi. Senza falsi campioni che ingannano l’arbitro, senza proteste continue, senza risse, senza legge del più gradasso, senza compagni di squadra che ti augurano il male perché gli “rubi” il posto e senza atleti travolti da ingiustificata mitomania (okay, Sun Yang a parte). Spesso accade che conseguentemente noi genitori coltiviamo la speranza che l’avventura natatoria continui più a lungo possibile.
Però intorno a nostro figlio il fenomeno calcio rimane presentissimo, in classe metà dei compagni va allo stadio, lo pratica e gli racconta di aver segnato gol magnifici, proprio come quelli dei campioni della TV. La curiosità del bambino di provare certe emozioni, di giocare a qualcosa di così noto a un certo punto diventa inevitabile e non possiamo nemmeno biasimarlo se preferisce correre su un prato anziché ammirare una striscia blu sul fondo di una vasca. Non si può nemmeno obbligare un bambino a praticare uno sport che non lo diverte più, però a volte abbiamo l’impressione che le sue scelte non siano tutta farina del suo sacco e che sia innamorato più dell’idea che ha del calcio anziché del calcio in sé, così prima di alzare bandiera bianca possiamo concederci qualche argomentazione:
- giocare a pallone al parco coi tuoi amici è spassoso, ma sei sicuro che allenarsi lo sia? Per riuscire in qualsiasi sport bisogna trovare divertente l’allenamento e i giri di campo non sono molto diversi dalle vasche;
- quando piove e fa freddo il calcio non è tanto piacevole, il nuoto non sente molto le stagioni;
- il calcio che giocherai non è la Serie A, non sono gli stadi pieni e prima di fare una partita su un campo grande ci vorranno anni;
- se nuoti, puoi comunque giocare a calcio con gli amici quando ti va, se invece scegli calcio sarà più difficile nuotare quando vuoi (questa può essere illuminante);
- a calcio si prendono, appunto, i calci, e qualche sbucciatura è all’ordine del giorno. Sicuro di preferire uno sport da contatto? (invece questa è una vigliaccata lo ammetto, fate finta di non averla letta).
Questi argomenti sarebbero solo chiacchiere da web se non li affiancassi a un’esperienza di vita vissuta per dimostrarne l’efficacia. Ebbene, con mio figlio non ne funzionò nessuno . Aveva il sogno del calcio negli occhi e nel cuore, così senza opporgli troppa resistenza lo portammo a fare una prova. Si divertì tantissimo e fece gol a raffica, finché un bambino indiavolato iniziò a protestare di continuo e a riempirlo di calci, così quando la prova terminò disse che preferiva il nuoto per via di quell’antipatico.
La morale è che se il futuro (almeno prossimo) di vostro figlio è davvero nuotare, fargli comunque provare il calcio è la scelta migliore sebbene apparentemente rischiosa. Gli permetterà di vivere l’esperienza e di scegliere autonomamente il proprio sport, e solo questo potrà regalargli un futuro di nuotate felici e senza rimpianti.
E soprattutto, ricordatevi di dare cinque euro a un bambino dispettoso per riempirlo di calci.
Ph. © Serkan Göktay@Pexels
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