Utili a porte chiuse
Quanto ci manchi la scarica adrenalinica delle gare è banale constatarlo, ma la verità è che abbiamo nostalgia persino della noia degli allenamenti... Per dire il grado di disperazione
Assumendo che per un genitore non esista nulla di più importante della felicità dei propri figli, vederli uscire entusiasti da un allenamento o una gara a porte chiuse dovrebbe ampiamente bastarci, giusto?
Invece loro tornano contenti a casa, mentre noi guidiamo con quella sensazione di vuoto, come quando dai buca a un appuntamento con una scusa: ti sei risparmiato la “fatica” dell’uscita, ma poi ti trovi a casa, solo, con del pollo cinese da scongelare.
Il vantaggio degli allenamenti a porte chiuse è che mio figlio ha guadagnato in sicurezza di sé. Che non gli servo a nulla ora me lo dice apertamente.
Fra circa due mesi si concluderà la stagione agonistica dei nostri figli e non li avremo mai visti nuotare. Non un allenamento, non una gara. Dei loro progressi ci rimarrà solo qualche rilevamento cronometrico, numeri apparsi su un’app estenuata dai nostri refresh (mi fregio di essere detentore del record di F5 in vasca corta).
Quanto ci manchi la scarica adrenalinica delle gare è banale constatarlo, ma la verità è che abbiamo nostalgia persino della noia degli allenamenti... Per dire il grado di disperazione. Se permettessero di assistervi a pagamento, in rigoroso rispetto delle normative anti-Covid, molti di noi non esiterebbero a concedersi questa piccola follia.
Eppure proprio in questa rubrica si glorificava l’inventore dello smartphone per averci regalato un dispositivo capace di intrattenerci durante le innumerevoli vasche di quell’allenamento che ora ci manca. Probabilmente la fatica dell’attendere ore sugli spalti in minima parte era compensata dalla compagnia, seppure a distanza, dei nostri ragazzi. Ci coccolava avere sott’occhio i loro progressi ma, soprattutto, sentirci pronti a sostenerli in caso di difficoltà riempiva molto la nostra esistenza.
Anche perché più crescono, più sentiamo di essergli utili quasi esclusivamente in caso di emergenza. Non serviamo più per imboccarli, vestirli, lavarli. Stiamo iniziando a comprendere in parte il vuoto che ci lasceranno in futuro quando saranno adulti.
L’autonomia che hanno conquistato in questo mondo a porte chiuse ha accelerato la loro crescita e tutto ciò è oggettivamente fantastico, gratifica la vocazione altruistica dell’essere mamma o papà, ma nella “società nuoto” ha relegato noi genitori a un ruolo più marginale, superfluo. È come vivere di già la terza età senza recepire la pensione e senza problemi alla prostata (a conferma che ogni bruttura della vita ha comunque i suoi vantaggi).
Coscienti di ciò, al momento possiamo solo renderci utili in altro modo: facendo da taxi certamente, dando da mangiare ai piccioni forse, attendendo la fine di quest’incubo pandemico ancor di più, ma soprattutto capendo che comunque vada il nostro supporto sugli spalti era puramente effimero, mentre l’essere genitori è un onere costante da tenere vivo fuori dalla vasca, adesso, come prima.
Ph. © Pixabay
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