Recovery Plan: un miliardo per lo sport... Ma le piscine?
Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza non c'è traccia di provvedimenti specifici per l'impiantistica natatoria
Settecento milioni nella versione Conte , mille in quella proposta dal Governo Draghi e presentata alle Camere la scorsa settimana. In totale un miliardo di risorse dirette, alle quali dovremo aggiungere quelle indirette legate ad esempio all’efficientamento energetico e alla mobilità soft che prevede un piano di intervento per la realizzazione di nuove piste ciclabili.
La differenza non è molta e in effetti ci aspettavamo qualcosa di più, anche in considerazione delle grida di sofferenza che da più parti arrivano dal mondo dello sport. È vero che il Recovery Plan è destinato al piano degli investimenti (con moneta comunitaria) dei prossimi cinque anni (2021-2025), ma proprio per questo motivo qualcosa di meglio si poteva fare per incentivare il recupero dell’impiantistica sportiva del nostro paese. Ma così è, e almeno per il momento, ci dobbiamo accontentare. Vediamo quindi meglio come sono dislocate le risorse.
Partiamo dai settecento milioni (in questo caso la stessa cifra messa nel piano dal governo Conte) che si trovano allocati nella missione 5 – inclusione e coesione – alla voce infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore (misura sport e inclusione sociale). Si tratta dell’ex progetto sport e periferie, rispetto al quale la parola periferie è stata cambiata con inclusione sociale (pare per esplicita volontà del premier Draghi). Come si legge nel testo del piano “l’investimento è finalizzato a favorire il recupero delle aree urbane puntando sugli impianti sportivi e la realizzazione di parchi urbani attrezzati, al fine di favorire l'inclusione e l'integrazione sociale, soprattutto nelle zone più degradate e con particolare attenzione alle persone svantaggiate. L’implementazione del progetto si articola in tre fasi: (i) analisi preliminari e azioni necessarie per preparare al meglio gli appalti pubblici, come l'identificazione e l'analisi di base; (ii) fase di avvio e realizzazione dei progetti selezionati; (iii) monitoraggio e verifica del livello di implementazione dei progetti, al fine di individuare quelli più efficaci da promuovere e replicare”.
Dalla lettura non è chiaro quale sarà il percorso che le procedure seguiranno, ma soprattutto non è chiaro neppure quali saranno i soggetti chiamati a organizzare e a selezionare gli interventi. È probabile che la selezione degli interventi venga assegnata al Dipartimento per lo Sport presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. La dotazione, ricordiamo è di settecento milioni, appare poca cosa se pensiamo che per il bando di Sport e periferie attualmente in corso lo stanziamento è di trecento milioni.
Il secondo filone di investimenti lo ritroviamo invece nella missione 4 sotto la voce potenziamento infrastrutture per lo sport e la scuola. Con i trecento milioni a disposizione si punta a intervenire su quattrocento palestre per alleviare una sofferenza che si concretizza sulla possibilità di svolgere l’attività sportiva in particolare nella scuola primaria. La misura dell’intervento nasce da una analisi degli edifici scolastici: il 28% di questi vive senza una struttura sportiva, con punte del 38% nelle zone più disagiate. Il piano sarà curato dal MIUR in collaborazione con il Dipartimento per lo Sport e le proposte saranno formulate dagli enti locali proprietari delle scuole. L’obiettivo è di intervenire su almeno 400 scuole con una spesa media di 750 mila euro. Nel testo del piano viene illustrato il duplice valore dell’intervento: da una parte l’orario curriculare con l’ampliamento del tempo scolastico, dall’altro una possibilità di maggior utilizzo da parte delle società sportive del territorio, in funzione del riconoscimento del ruolo sociale da queste svolto.
Delle piscine non c’è traccia. Ed il vero dramma è proprio questo.
Ph. ©G.Scala/Deepbluemedia
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