Il ministro nel bunker
Triste epilogo di un dicastero
Dovete capirlo, Vincenzo Spadafora. Tre mesi fa si crogiolava in un mare di like, acquistati grazie a seicento euro di elemosina distribuiti a pioggia. Ubriaco di consenso, si era chiuso negli uffici del suo Dipartimento nuovo di zecca con una task force di consulenti e a metà luglio aveva lasciato filtrare le bozze del suo opus magnum, la norma destinata a tramandare il suo nome alla posterità: la bozza di legge per la riforma dello sport, un testo non privo di una sua coerenza ma scritto per soddisfare quello che il ministro evidentemente considerava un proprio bacino elettorale ormai acquisito: tecnici sportivi e genitori di atleti, a spese delle società di base. Un documento dirompente che avrebbe richiesto una gestione assai cauta: un confronto preventivo con le parti, consultazioni con le forze politiche di maggioranza e opposizione, e tutte quelle procedure ormai desuete che caratterizzano la democrazia parlamentare.
Vincenzo invece con piglio da influencer e tono minaccioso si era presentato in chat assicurando una tempestiva approvazione, e guai a chi si fosse messo di traverso. Seguivano cuoricini a profusione. Una sicumera sbalorditiva da parte di un ministro che, per quanto pentastellato, il Palazzo avrebbe dovuto conoscerlo bene, avendolo frequentato dai primi anni Duemila traghettando dall'UDEUR di Mastella ai Verdi di Pecoraro Scanio al PD di Rutelli.
Il resto è storia nota e prevedibile: i partiti di maggioranza, a cominciare da quello del ministro, che si dissociano; l'opposizione che alza le barricate; società di base e federazioni che mettono in luce l'insostenibilità del progetto; i seicento euro di giugno che non arrivano; il "bambole non c'è una lira" a chi sperava nel prolungamento dei sussidi; i cuoricini che diventano grrr.
Al suo posto, voi cosa avreste fatto? Sbroccato? E infatti ai primi di agosto si inizia a parlare di dimissioni e Vincenzo torna in chat per spiegare che è tutto a posto, mo' arrivano i seicento euro, la riforma si fa, tranquilli. Ma si legge negli occhi tristi che ormai non ci crede più neanche lui. Oggi l'epilogo: attacco frontale al presidente della Federazione sportiva più vincente del nuovo millennio, individuato come sobillatore di una congiura della kasta contro una riforma che così com'è risolverebbe davvero i problemi del settore sportivo: disintegrandolo.
La Riforma Spadafora finirà così nel limbo dei provvedimenti organici in materia di sport mai nati. Ed è un peccato, perché il settore di un riordino efficace avrebbe davvero un gran bisogno. Purtroppo, il like logora chi non ce l'ha.
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