Salvate il soldato Di Francisca
Come faremmo a indignarci senza di lei?
Per fortuna c’è Elisa Di Francisca che con la sensibilità di un autoarticolato e l’empatia di un congelatore ha espresso il pensiero della maggioranza degli italiani che guardano le Olimpiadi in TV.
L’uscita della fiorettista ha consentito per un giorno di fare sfoggio di indignazione in nome dello Sport con la esse maiuscola alle stesse bestie che la sera successiva si sono precipitate a infamare Simona Quadarella per il quarto posto o Thomas Ceccon per l’eliminazione in semifinale.
Gli stessi somari che dopo una giornata senza medaglie stanno già berciando di “spedizione fallimentare” e di “involuzione” del nuoto azzurro, che anche a Parigi sta ottenendo risultati in cambio dei quali venticinque anni fa saremmo stati disposti a un seppuku collettivo.
Gli stessi che si appassionano ai pronostici e alle pagelle, fomentati dagli algoritmi dei social che danno visibilità a chi la spara più grossa.
Peccato, perché gli spropositi di Di Francisca avrebbero potuto stimolare una riflessione sulla tossicità congenita alla cultura sportiva e su come neutralizzarla, sul benessere psicofisico degli atleti, sul sadismo di certi inviati radiotelevisivi, sui tempi e modi della comunicazione nel tempo dei social.
È invece tempo di correre a sbraitare contro “il pugile trans algerino”.
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