Scriteriati
Quando il buonsenso scatena psicodrammi
Non avrei voluto essere nei panni di chi ha deciso di staccare la spina dei Criteria nazionali giovanili, per il secondo anno consecutivo per giunta, ma vorrei tributargli la massima stima e rispetto. Per avere fatto prevalere il buon senso, pratica oggi rischiosa e impopolare come mai nella storia.
Perché è evidente a chiunque abbia un briciolo di raziocino che nel pieno della terza ondata, con l'inizio della campagna vaccinale, in un paese che nel momento in cui scrivo conta 84.202 - leggete insieme a me: ottanta quattro mila duecento due morti per Covid, radunare qualche centinaio di atleti adolescenti da tutta Italia all'interno della stessa piscina coperta è tutto fuorché una buona idea.
Adolescenti che non vengono fermati, badate bene: semplicemente gareggeranno su base regionale. È un problema insormontabile? Certo che no. Quando frequentai il corso allenatore di primo livello il mai abbastanza celebrato e rimpianto, carissimo Franco Sardella si prodigò nello spiegare che l'obiettivo è quello di aiutare l'atleta a raggiungere il picco prestativo nel momento del massimo sviluppo psico fisico. Un percorso lungo e irto di imprevisti che richiede pazienza, lucidità e condivisione.
Ai tanti che stanno invece tappezzando la rete di commenti tipo s tate distruggendo i sogni dei nostri ragazzi, oltre a ricordare che quello della proiezione è un meccanismo talmente arcaico e primitivo che a questi livelli rende opportuno il ricorso a qualche forma di supporto psicologico, vorrei fare presente che se il sogno dei loro ragazzi è quello di prendere la medaglia ai categoria per avere la foto in cronaca locale, beh forse è proprio meglio distruggerlo subito: gli eviterete poi la frustrazione di far parte di quel novanta per cento di campioncini che non riusciranno mai a vincere un titolo assoluto.
Il mestiere del genitore, del tecnico, del dirigente dovrebbe essere quello di accompagnare gli atleti lungo un percorso di crescita affrontando le avversità senza abbattersi e nella consapevolezza che anche il nuotatore è un cittadino con i medesimi diritti e doveri del resto della collettività. Si chiama, pensate un po', educazione.
Ph. © Pixabay
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