The sound of silence
Confesso che, con il massimo rispetto per il lavoro difficile e stressante dei cronisti radiotelevisivi, da anni guardo le gare di nuoto con il volume a zero
Confesso che, con il massimo rispetto per il lavoro difficile e stressante dei cronisti radiotelevisivi, da anni guardo le gare di nuoto con il volume azzerato. Un po' perché spesso capita di guardarle in viaggio o in ufficio, un po' perché parlando vivendo leggendo e scrivendo di nuoto h24 si diventa ipersensibili a ogni imprecisione, iperbole o, diciamolo francamente, sonoro sfondone dei commentatori.
Lo so, mi sono perso momenti leggendari come i lampi d'oro che squarciano il cielo di Olimpia, me ne faccio una ragione.
L'avvento dello streaming ha però offerto una nuova opzione: le gare con audio in presa diretta senza commento, opportunità che in queste Olimpiadi è sfruttata al massimo livello, con microfoni posizionati lungo tutto il perimetro dell'Aquatic Centre che offrono un'esperienza veramente immersiva.
Il cigolio del blocco di partenza, le manate sul petto degli atleti, lo sciabordio delle acque, il tump dei piedi sulle piastre, i fischi e gli urgh! dei coach a bordo vasca, le immancabili trombette, le congratulazioni all'arrivo e gli OHMYGODOHMYGODOHMYGOD delle vincitrici.
Il tutto in piena notte con i bioritmi stravolti dalla protervia dei dannati americani che per avere le finali nel loro prime time hanno imposto per la seconda volta dopo Pechino 2008 le finali al mattino, con le finestre spalancate e il silenzio del quartiere rotto solo dal primo cinguettio dei tordi. Almeno credo siano tordi, una volta ho sentito il vicino sbraitare qualcosa a proposito di "tordi di merda".
Un vero e proprio trip acquatico. Datemene ancora, grazie.
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