The walking dead
Se guardiamo le cose come sono e non come ci piacerebbe che fossero, è del tutto evidente che il modello sul quale si sono costruite le medaglie azzurre degli ultimi trent'anni appartiene al passato
Dopo due anni di allegra incoscienza, negli ultimi mesi del 2021 stanno venendo al pettine tutti i nodi per i gestori di piscine che, dopo essersi indebitati reindebitati e straindebitati sempre convinti che la fine della pandemia fosse dietro l'angolo, si trovano schiacciati fra quarta ondata di Covid, costi energetici fuori controllo e voucher che continuano ad accumularsi.
Il fallimento di una delle più importanti società di gestione della Lombardia, giusto alla vigilia di Natale, ha ufficialmente dato il via al panico: insieme a quella del Covid ha ripreso ad alzarsi l'ondata del #salviamolepiscine e si moltiplicano gli appelli alle istituzioni per non far morire il nuoto.
Ma il nuoto è già morto, semplicemente ci vorrà qualche anno per rendersene conto: i successi del quadriennio 2021-2024 sono, resteranno la luce emanata da una stella ormai implosa.
Se guardiamo le cose come sono e non come ci piacerebbe che fossero, è del tutto evidente che il modello sul quale si sono costruite le medaglie azzurre degli ultimi trent'anni appartiene al passato. Ogni giorno chiude una piscina: le società di gestione stanno cadendo una dopo l'altra e quelle che resistono lo fanno al prezzo di tagli pesantissimi che investono per prima l'attività agonistica.
Il governo ha fatto capire chiaramente che l'epoca dei sussidi è finita e che adesso lascerà fare al mercato, favorendo l'ingresso delle grandi catene del fitness e dei grandi investitori ai quali di promuovere l'attività agonistica non importa nulla perché, nel caso qualcuno avesse ancora dubbi, l'agonismo è un costo. Un costo pesante senza alcun ritorno , che in questi decenni è stato sostenuto dai proventi delle attività didattiche: una piramide virtuosa che partiva dalla scuola nuoto e arrivava a Federica Pellegrini, un serbatoio di talento alimentato da una fitta rete di piccole associazioni e società su tutto il territorio nazionale che hanno scoperto campioni a Taranto come a Varese, a Napoli come a Udine e che oggi, semplicemente, non ce la fanno e non ce la possono più fare.
Resterà certamente qualche fortunato sorretto da un ente locale più lungimirante o che è riuscito a sottoscrivere una buona concessione poco prima della catastrofe. Resteranno i gruppi militari e i grandissimi club, per natura però più avvezzi a catalizzare il talento dalla periferia che a selezionarlo in casa. Basterà?
No.
Ph. © D.Jensen @Unsplash
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